Cosa visitare in Piemonte? È una domanda che ogni tanto mi pongo. Beh ovviamente Torino e le residenze sabaude, Isole Borromee e Lago Maggiore… ma poi? Ammetto di non avere mai pensato alle Langhe, perché immaginavo le Langhe come una destinazione solamente per gli amanti del vino e dei paesaggi. Quanto mi sbagliavo! Perciò sono contento che l’ente del Turismo Langhe Monferrato Roero mi ha invitato a scoprire i propri territori.
La torre è stata l’elemento distintivo del tour: c’era in tutti i comuni visitati. Però abbiamo approfondito anche l’aspetto eno-gastronomico (immancabile!), artistico scoprendo chiese gioiello ed i luoghi di Pavese e Fenoglio, ma ovviamente abbiamo ammirato paesaggi mozzafiato; questi da soli valgono in viaggio nelle Langhe: difatti sono Patrimonio Unesco.
Insomma abbiamo scoperto le tante bellezze di questo angolo di Piemonte (immeritatamente) poco conosciuto. Ecco il mio tour nelle Langhe, Monferrato e Roero di 4 giorni.
- Storia delle Langhe Monferrato e Roero
- Differenza tra Langhe Monferrato e Roero
- Turris Piemonte e il mio tour nelle Langhe
- Primo giorno: Monferrato e Roero
- 2°giorno del tour nelle Langhe
- 3°giorno del tour nelle Langhe
- 4°giorno di tour nelle Langhe
tour nelle Langhe Monferrato Roero
1. Storia delle Langhe Monferrato e Roero




Una terra di passaggio da sempre, tra il mare e la pianura Padana. Quando la Marca Aleramica si spezzettò nell’XI secolo, i vari signori locali si fecero guerra per secoli finendo per condannarsi al dominio di Alba, Asti o altre città maggiori. Poi sono stati i Savoia e la repubblica di Genova a contendersi il territorio finché nel ‘500 i duchi savoiardi si estesero nel basso Piemonte. Destino a parte per il Monferrato, anch’esso discendente da Aleramo; rimase sempre sotto il dominio dei marchesi nonostante il territorio avesse una strana forma a mezzaluna attorno a Asti; passato alla dinastia Gonzaga nel 1535, quando Mantova fu occupata durante la guerra di successione spagnola sempre i Savoia se ne impadronirono; era il 1708.
In tutte queste vicende castelli e fortezze persero significato e spesso vennero dismesse; quelle rimanenti verranno distrutte da Napoleone, che passò di qui durante la prima campagna d’Italia nel 1796. Per fortuna si sono salvate molte torri, che punteggiano i crinali sui punti più alti dei colli (qui chiamati bricchi) come sentinelle con sguardo rivolto all’orizzonte.
1.1 La storia contemporanea




Sotto il dominio sabaudo ci si è concentrati ancora di più sul vino, la vera specialità delle Langhe da sempre; però era un territorio poverissimo, con agricoltura di sussistenza; erano i tempi durissimi descritti ne La Malora di Fenoglio. Perciò tra ‘800 e ‘900 molti emigrarono a Torino per lavorare in fabbrica.
Durante la Guerra, le Langhe furono un grande campo d’azione della Resistenza.
Dagli anni ’50 l’opera di Michele Ferrero e la maggiore consapevolezza nella coltura del vino hanno creato molte cantine che producono vini pregiati famosi in tutto il mondo; l’integrazione tra uomo, cultura vinicola e territorio ha consegnato il titolo di Patrimonio Unesco nel 2014. Attualmente le Langhe sono un paradiso enogastronomico d’Italia, ma hanno pure molto altro da offrire e storie da scoprire!
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2. Che differenza c’è tra Langhe, Monferrato e Roero?




Si parla spesso di Langhe Monferrato e Roero come fosse un termine unico, ma in realtà sono tre zone differenti. I locali ovviamente le distinguono bene, mentre per i visitatori è difficile capirne i confini. Ti aiuto io! La grande differenza tra Monferrato e Langhe è fisica: il Monferrato è una regione storica italiana (come può essere il Montefeltro) formata da colline basse e tonde come la Toscana, che si estende a mezzaluna tra la pianura Padana e le Langhe. Invece le Langhe sono caratterizzate da colline molto più alte e ripide, perché le vallate sono state scavate dai fiumi, qui il paesaggio è meno urbanizzato, ma prevalgono nettamente le colture delle nocciole e delle viti che caratterizzano i paesaggi. Più sali nell’Alta Langa e più incontri i boschi. Molto più semplice invece la differenza tra Langhe e Roero: infatti il Roero è la zona collinare che si estende alla sinistra del fiume Tanaro; quindi qui la differenza è geografica: appena varcato il fiume verso occidente cambi zona. Il nome Roero deriva dalla famiglia astigiana che governò a lungo queste terre.
C’è anche differenza di dimensioni: le Langhe sono molto più estese di Monferrato e Roero.
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3. Turris Piemonte e il mio tour nelle Langhe




La torre è la più antica e semplice forma di fortificazione: un edificio più alto possibile, in modo che sia impossibile da scalare. Spesso servivano semplicemente a scoraggiare l’assalto. Dopo la caduta dell’impero romano e la conseguente instabilità, ogni centro si fortificò indipendentemente contro le invasioni. Così il medioevo fu un fiorire di castelli e torri, che oltre a uno scopo difensivo servivano come torri di avvistamento e di comunicazione tra loro, soprattutto nelle Langhe dove tra le colline ci sono profonde vallate. Con lo sviluppo dei cannoni e della polvere da sparo, le alte torri divennero vulnerabili: in poco furono un retaggio del passato e i castelli diventarono dimore signorili o vennero smantellati. Come detto, nelle Langhe diversi furono poi fatti distruggere da Napoleone, per evitare problemi.
Perciò nelle Langhe sono rimaste tante torri isolate, nei punti più alti delle colline attorno a cui sono sorti paesi e borghi. 19 di queste torri si sono riunite in Turris Piemonte, un’associazione dei comuni per promuovere il territorio e le sue bellezze (non solo le torri). Hanno pure creato un itinerario di 200km per visitare la maggior parte di questi comuni.
Proprio Turris Piemonte con l’Ente del Turismo Langhe Monferrato Roero ha organizzato il tour a cui ho partecipato e che ti racconto.
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4. Primo giorno: Monferrato e Roero




Tre sono stati i grandi protagonisti del tour nelle Langhe Monferrato e Roero, punti in comune di ogni giornata. Il primo ovviamente le torri, presenti in ogni comune che abbiamo visitato. Il secondo è il vino, che in queste terre è una religione: scherza su tutto ma non sul vino (e ovviamente la mamma 😉 ); pensa che i nonni offrono il vino ai nipotini di 5 anni! Il terzo e ultimo protagonista è stato il paesaggio collinare, caratteristico delle Langhe, Monferrato e Roero. Come detto cambia di zona in zona e te ne accorgi chiaramente anche semplicemente attraversandolo; questi paesaggi fantastici sono stati il fil rouge del tour: è un peccato però ci siamo fermati poco a fotografarli, perché il programma incalzava e spesso le strade non lo permettevano. Ma quante volte avrei voluto urlare all’autista “Fermati!” davanti a un panorama eccezionale!
4.1 Viarigi




Il nostro tour nelle Langhe, Monferrato e Roero parte da Viarigi, piccolo paese a 20km a nord-est di Asti. Si trova nel Monferrato, circondato da colline dolci e dorate: qui davvero somiglia alla Toscana! Su una collina più alta ecco il borgo; la chiesa di San Silverio con mattoni chiari e scuri ti accoglie, con la neoclassica chiesa di Sant’Agata in cima alla salita. Nel punto più alto del rilievo svetta la torre, che compare pure nello stemma comunale. Prima però ci portano nella vecchia canonica per l’esposizione “Retrò” del signor Giuseppe, con oggetti di tutti i tipi: moto, radio, giocattoli antichi… anche un vecchia macchina da ripresa!! Un po’ fumoso, ma affascinante.
Poi finalmente saliamo; in un grande prato verde c’è la Torre dei Segnali, alta 26 metri e costruita nel Trecento sulle rovine del vecchio castello; è quadrata e in mattoni, ma solo esternamente: l’interno è in pietra. Serviva per difendere i confini del Monferrato, vicino all’alessandrino.
Si può salire per ammirare un fantastico panorama: paesi a perdita d’occhio, a 360°! Siamo al centro del Monferrato, con il tipico paesaggio vario e colline sinuose con agricoltura promiscua, tra cui spiccano i noccioli. Attenzione: l’ultimo tratto ha una scala verticale con passaggio stretto; non è impossibile da salire, anche se soffri di vertigini come me.
Viarigi peraltro è conosciuta per un festival di artisti di strada che dura da 32 anni; tutto il Monferrato è ricco di eventi particolari: su tutti c’è il Palio di Asti, il più antico d’Italia (ma per distacco!) che risale al tempo dei Comuni.
4.2 Il tartufo




Un’altra eccellenza della zona è il tartufo: vengono da tutto il mondo per comprare il tartufo bianco di Alba! Per conoscerlo meglio nei dintorni di Viarigi andiamo a visitare la Tartufaia Luna Nera. Da fuori sembra un semplice bosco: non si nota chiaramente come un vigneto.
Al contrario di ciò che pensano molti, il tartufo non è un tubero bensì un fungo, che però cresce sotto terra. Profuma per essere trovato e perciò sono necessari i cani. Ci sono due varietà: tartufo bianco e nero; hanno tempi diversi: tutto l’anno il nero, settembre-gennaio per il bianco; perciò è così prezioso! Poi il bianco ha solo profumo, quindi è un condimento come il parmigiano da grattugiare sopra, mentre il nero ha gusto quindi è un ingrediente. Il valore è dato dalle qualità organolettiche del singolo tartufo (e dal peso).
Il tartufo non si può coltivare (fortunatamente): c’è solo nei territori intonsi. Perciò le tartufaie fruttuose rimangono anonime e segrete, come gli ingredienti della Coca Cola. Anzi, pensa che il tartufaro o trifolaio (dal piemontese) esce di notte per non mostrare agli altri dove va! Trovarli è difficile, anche perché il cane si stanca. Insomma: molto meglio mangiare i tartufi che cercarli! Poi non diventi ricco: è più facile che si arricchisca il mercante di tartufi o il ristoratore celebre.
La caccia al tartufo




Ma come trovare un tartufo? Tendenzialmente su 100 querce un paio fanno i tartufi. I batteri fissano l’azoto atmosferico e lo rendono disponibile per le piante, formando i tartufi. Ma è la qualità dell’ambiente che è decisiva: spostando una pianta da tartufo in un altro posto non li fa più! Conta il terreno e che ci siano determinate condizioni, come il sole che filtra e nessun sottobosco che consente l’aerazione. Perciò non crescono nei boschi incolti! Un secolo fa i boschi erano puliti dalle capre e dall’agricoltura di sussistenza che sfruttava tutto. Ora invece manutenzione 2.0: un tartufaio prende in cura un terreno, lo tiene pulito; quindi si creano le condizioni a loro favorevoli: così fanno nella Tartufaia Luna Nera.
Come dimostrazione il tartufaio ha fatto partire la cagnolina Kira che – dopo qualche esitazione – ha trovato due piccoli tartufi neri!
4.3 Montaldo Roero




Ripartiamo attraversando splendidi paesaggi per un’ora; poi varchiamo il fiume Tanaro e raggiungiamo il Roero; la nostra destinazione è Montaldo Roero. Ai margini del paese, su una collina circondata da un bosco, ecco la torre! È tonda in mattoni e alta 33 metri; prima era un castello, ovvero apparteneva ad un palazzotto signorile, poi dismesso e venduto mattone per mattone (come altri castelli del Roero); infatti non ci sono rovine! C’è solo un affascinante cimitero ai piedi della salita a sinistra.
Questa torre era in collegamento con le torri e i castelli vicini; era un sistema di avvistamento molto efficace. La torre ora è privata, ma il padrone ce la mostra con orgoglio; ovviamente non ci vive nessuno, quindi gli interni sono vetusti ma dal fascino di un’epoca contadina passata. Al secondo piano c’era un’altra scala, ma da solo non mi sono fidato a salire!
Comunque già dalla base puoi ammirare un fantastico panorama sul Roero. Si vedono le “rocche” del Roero, che non sono castelli (come pensavo) bensì rocce scoscese a vista tipiche del Roero con ai piedi canyon anche di 100 metri; sono formate dall’erosione e il loro colore rossiccio al tramonto è fantastico! Più lontane le Alpi, ma oggi la visibilità non è eccezionale e non appaiono.
Pranzo ai piedi della torre




Proprio ai piedi della torre il sindaco di Montaldo Roero ha preparato un tavolo all’aperto per il nostro pranzo! Prima un aperitivo con alcuni vini del territorio: il Roero Arneis bianco e Roero rosso accompagnati da salsiccia e grissini. Il pranzo cucinato dagli abitanti dal paese e dal sindaco stesso era buonissimo: carne cruda battuta al coltello (delicatissima), vitello tonnato con salsa, insalata russa e carpione alla piemontese con uovo. Sembrava un picnic chic: un momento fantastico!
Prima di ripartire decidiamo di scendere in paese a bere un caffè nel bar. Ne approfitto per visitare la chiesa della Santissima Annunziata, tutta in mattoni e dal fascino lombardo, con possente campanile con orologio; dentro ha stupendi affreschi nella zona absidale ma la chiesa è… storta! La navata non è perfettamente perpendicolare.
4.4 Corneliano d’Alba e la Torre Decagona




Solo 10 minuti per arrivare a Corneliano d’Alba. Ci fermiamo davanti alla piccola chiesa di San Bernardo: che gran vista sui tetti del paese in basso! Salendo a piedi nel sentiero nel bosco raggiungiamo la Torre Decagona, una meraviglia sorprendente! È una torre astigiana decagonale (con 10 lati) duecentesca, con mattoni molati a mano; raffinatezza eccezionale: guarda le decorazioni della cima! Qui prima era abbandonato e incolto; dal 2015 è cambiato tutto: è una torre recuperata e della comunità, perché ogni gradino è stato curato da un benefattore (e ne porta il nome).
Al momento il recupero non è terminato: le scale interne raggiungono solo il discutibile balcone novecentesco; così ammiri l’affascinante interno circolare totalmente vuoto! Ma il progetto è a buon punto: sono già state ordinate le restanti scale e alla fine si potrà salire fino in cima. Se vuoi, puoi sostenere il restauro adottando anche tu uno scalino.
Degustazione di vermentino




La Torre Decagona è uno dei gioielli di Turris Piemonte: chissà che vista sul Roero quando si potrà vedere il panorama dalla cima a 23 metri! Ora comunque ha pure un parco con panchine ai suoi piedi. Proprio qui hanno organizzato per noi una degustazione della Favorita, un vermentino fresco che col caldo che c’è è perfetto; anche perché per accompagnarlo c’è un ottimo salame. Seduti si ammirano meglio i dettagli.
Lo spazio antistante alla torre ospitava l’antico castello dell’anno 1000 della famiglia De Braida, che pare avesse ben 7 torri. Le campagne militari del ‘500 lo rovinarono, facendolo diventare anch’esso materiale da costruzione per le case di Corneliano. Per fortuna che si è salvata la torre, che è visitabile gratuitamente, ma bisogna prenotare con un paio di giorni di anticipo al 338.9654524 / 339.6541344.
4.5 Pollenzo




Ancora pochi minuti e siamo a Pollenzo: che posto fantastico! È una frazione di Bra ed è importante perché qui sorgeva la città romana di Pollentia, di cui si vedono ancora le fondamenta arrivando in Piazza Vittorio Emanuele II. Ma ciò che colpisce sono i numerosi edifici neogotici in mattoni rossi che ti circondano, a cominciare dalla stupenda chiesa di San Vittore Martire. Sono sorti a metà Ottocento per volere di Carlo Alberto (re di Sardegna), che ricreò un borgo medievale attorno al suo castello, di cui si vede la torre spiccare tra gli alberi a sinistra; mi ricorda Soncino. Ora è privata, ma il borgo ospita l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, fondata nel 2004 da Carlo Petrini di Slow Food: ci sono corsi di laurea triennali, uno magistrale e poi master e dottorati. Più della metà degli studenti è internazionale: è un fiore all’occhiello della cultura culinaria italiana.
La Banca del Vino




Dopo aver seguito Napoleone in Francia, Carlo Alberto tornò in Piemonte e volle dare valore alle terre producendo vino. Questo edificio fu costruito apposta per ospitare le cantine reali: per fare il vino, fermentarlo e conservarlo. Il generale Staglieno (l’enologo) investì tantissimo nelle nuove tecnologie, per sterilizzare le vasche e utilizzare le bottiglie di vetro (e non più le botti dove rimaneva). Di fatto, è uno dei papà del Barolo. Su esempio del re, anche i nobili vollero emularlo e così si affermò il vino il Piemonte. Quindi creare qui questa università è perfetto!
Quest’ambiente eccezionale con alte torri in mattoni e ampi spazi, ospitare chef stellati nella mensa, ha un laboratorio sensoriale e soprattutto la Banca del Vino, con tantissime bottiglie: un paradiso per gli amanti del vino! Ha l’obiettivo di conservare il vino, almeno 12 bottiglie per annata per produttore. Le bottiglie sono usate per usi didattici: ad oggi ci sono 100.000 bottiglie custodite!! Una parte delle bottiglie sono in vendita (per mantenersi, così come l’educazione).
Qui abbiamo svolto una degustazione di Gavi, vino bianco del 2017, per poi girovagare un po’ al fresco dell’enorme cantina sotterranea, coi vini suddivisi per ogni singola regione italiana; ce ne sono anche alcuni vecchissimi!
4.6 Santa Vittoria d’Alba




Attaccata a Pollenzo c’è Santa Vittoria d’Alba. Pare si chiami così per l’ultima vittoria dei Romani contro i barbari in Italia, (i Visigoti di Alarico per la precisione) avvenuta a Pollenzo; Stilicone vinse e salvò l’Impero: perciò venne eretto un monumento celebrativo per lui che vediamo passandoci accanto, ora molto rimaneggiato. Però Santa Vittoria è conosciuta soprattutto per la Cinzano, che nacque qui sempre per volere di re Carlo Alberto per imitare lo spumante francese. Queste grandi cantine tuttora imbottigliano miliardi di litri di superalcolici di 80 celebri brand come Guinness o Baileys.
Salendo i tornanti, raggiungiamo il paese di Santa Vittoria d’Alba e scendiamo davanti al comune; che gran vista da quassù, su Alba, Barbaresco, La Morra… Troviamo la chiesa di Maria Vergine Assunta e un’alta torre, ma il nostro obiettivo è un tesoro nascosto delle Langhe Monferrato e Roero: l’oratorio di San Francesco!
L’Oratorio di San Francesco




Scendendo qualche gradino alle nostre spalle troviamo un’altra chiesa, più piccola e esternamente totalmente anonima: l’Oratorio di San Francesco. Ma aprendo la porta… che meraviglia! È completamente ricoperta di affreschi della Passione di Cristo, racconto per immagini delle ultime ore della vita di Gesù, dall’ultima Cena in poi. Sono attribuiti alla bottega del Macrino, uno dei due grandi artisti del rinascimento piemontese (qui era un movimento minore) e realizzati attorno al 1490. Pregevole fattura degli affreschi, con soldati e giudici che sono vestiti alla moda quattrocentesca. Quello che colpisce di più è la grande Crocifissione, affresco imponente e drammatico, che ti trovi davanti subito entrando; ma tutte le scene hanno grande pathos.
Alla chiesa si accede con apertura automatica: prenoti, arrivi col QRcode e puoi entrare; poi parte la narrazione che ti spiega affresco per affresco. Davvero ben fatto. Posto super consigliato!
4.7 Una Cena… reale!




Una doccia ritemprante e poi sono prontissimo per uscire. Ci hanno promesso un super cena. E difatti arriviamo davanti a un castello cinquecentesco! È il Real Castello a Verduno, dimora anche di Carlo Alberto di Savoia, gestito dalla famiglia Burlotto che aprì qui l’albergo nel 1953. Ora è la 3ª generazione che si occupa dell’albergo, cucina e ristorazione… ma anche cocktail mixology, arte e promozione della giovane letteratura! Insomma… è un posto eccezionale! Lo dimostra il fatto che non trovi i soliti servizi come telefono e aria condizionata, ma c’è una biblioteca! Gestione familiare da sempre, ma di livello e cordialissima.
Si respira la storia: qui Staglieno creò il Barolo prima della creazione di Pollenzo. Poi tra le camere c’è la suite di Carlo Alberto e su uno specchio della sala c’è la firma di Vittorio Emanuele II dopo una serata con amici.
Ma soprattutto ha un’atmosfera magica: attraverso la sala e arrivo nel giardino, con le luci appese tra le piante e un maestoso tramonto sulla campagna circostante; cenare coi tavoli sul prato è stato favoloso! Insalata di testina, carnaroli risotto verde come il prato, faraona ripiena di prugne secche e lardo e sorbetto finale. Così non va bene… mi stanno viziando!
4.8 Hotel Castello di Santa Vittoria




Come detto, a Santa Vittoria d’Alba non abbiamo visitato la torre… ma praticamente ci abbiamo dormito! L’organizzazione infatti ha riservato l’Hotel Castello di Santa Vittoria, che è proprio il vecchio castello del borgo. Devi varcare il rivellino per raggiungere la reception e dalla camera hai una meravigliosa vista sulla poderosa torre che svetta per 30 metri e di fronte un panorama eccezionale! Un posto idilliaco che fa sognare, totalmente lontano dalla cruda piazzaforte che sorse nel Medioevo per controllare la vallata; i Visconti di Milano se ne impadronirono a metà Trecento; essendo in un punto chiave per controllare l’astigiano, crearono mura bastionate e molte torri – ora scomparse – così come il fossato e il ponte levatoio.
Ma le urla dei soldati ora sono lontane: si respira solo pace e un’atmosfera fantastica. E di notte ha un fascino speciale con la torre illuminata!
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5. 2° giorno del Tour nelle Langhe Monferrato Roero
Svegliarsi e fare colazione sotto la torre è meraviglioso; ma poi usciamo velocemente: oggi il programma è intenso! Dalla strada ecco Guarene col castello (divenuto un relais) che svetta sulla cresta collinare a sinistra, regalando uno scorcio fantastico. Col pulmino attraversiamo la valle del Tanaro: ora siamo nelle Langhe!
5.1 Barbaresco




Quando svolti per Barbaresco si apre un anfiteatro naturale di vigne che ti avvolge: filari geometrici e paralleli si perdono all’infinito attorno alla strada, con panorami stupendi quando giungi in cima alla collina, sia a destra che sinistra. La torre di Barbaresco spicca nettamente sul borgo; è la sorella di quella di Santa Vittoria, anch’essa creata dai Visconti per proteggere Alba.
Barbaresco ha un’atmosfera incantata: un wine bar con botti al posto dei tavoli si trova di fronte al municipio color rosa, esaltato da petunie fucsia. Camminando per l’unica via trovi le famose cantine Gaja, mentre sul fondo la Chiesa di San Giovanni Battista dalla facciata barocca e la torre alle spalle; niente è fuori posto, nemmeno una cartaccia per terra!
La torre di Barbaresco




La torre di Barbaresco è alta 30 e ampia: 9×9 metri. Si contraddistingue per un vistoso ascensore esterno in vetro: opinabile, ma pratico; ad esempio possono salire i disabili. Aperta dal 2015, è diventata immediatamente una delle cose da vedere nelle Langhe Monferrato e Roero. I Visconti crearono due ambienti alti 7 metri per i soldati, mentre in cima c’era la stanza del capitano che controllava l’acqua e la vista. Date le dimensioni, ospita molte cose: il Museo Cavazza dedicato all’enologia, esposizioni interattive e l’ampia terrazza dove si possono fare degustazioni o cene esclusive. Ma soprattutto dalla terrazza hai un meraviglioso panorama a 360° su Langhe e Roero, col pigro fiume Tanaro che scorre ai piedi, la vicina Alba e la catena alpina che ti circonda; anche oggi la vista non è ottima e le Alpi non le vedo. Stupendo però lo scorcio su Barbaresco con la chiesa sotto!
La degustazione di Barbaresco




Al secondo piano della torre c’è la Sala Sensoriale, con plastico altimetrico della zona al centro; attorno alla tavola rotonda 11 posti per sedersi. Qui è in programma per noi una degustazione di Barbaresco offerta da I Produttori di Barbaresco: non male per cominciare la giornata!
Che profumo di vino si sente attendendo che tutti abbiano il proprio bicchiere per la degustazione! Accompagnati dai grissini, ci hanno versato 3 bicchieri di vino Barbaresco: 2016, 2015 e 2014; che differenza di gusto in pochi anni! Da delicato il gusto si intensifica, evidenziando le caratteristiche del nebbiolo.
Storia del Barbaresco




In Piemonte ogni vitigno dà nome al vino: il nebbiolo impiantato a Barbaresco dà il Barbaresco, così nel Roero il Roero. Quindi il nebbiolo ha 15 nomi! Ma chi inventò il Barbaresco? Se il Barolo è nobile, questo invece è un vino borghese inventato da Domizio Cavazza, geniale emiliano che capì che le uve del territorio sono particolari e perciò non dovevano essere mischiate con altre. Inventò il termine Barbaresco e fondò la cantina sociale nel 1894 nel castello di Barbaresco.
Ma ancora 30 anni fa Barbaresco (e Barolo) non erano molto apprezzati, mentre ora sono vini pregiati e famosi in tutto il mondo. E pensare che un secolo fa Barbaresco era il paese più povero delle già povere Langhe! Questo è un grande successo de “I Produttori del Barbaresco”, associazione di 131 imprenditori della zona; i vini li trovi nell’Enoteca Regionale del Barbaresco nell’ex chiesa di San Donato.
5.2 Neive




Seconda tappa giornaliera è Neive, uno dei borghi più belli d’Italia. Si nota subito l’atmosfera differente: Neive non era un paese contadino, ma nobiliare. Circondato dai vigneti, ha una bella vista su Barbaresco.
Edifici colorati o in mattoni, ma sempre eleganti; pittoresche case ad angolo con piante arrampicate sulla facciata; le strade vanno su e giù e trovi molti bar per bere vino. Meraviglioso che c’è musica d’atmosfera diffusa in tutta Neive, a partire dalla centrale Piazza Italia dove trovi il comune. Si apprezza l’arte del buon vivere: a ritmi placidi e circondati dalla bellezza. Per un attimo mi sembra di essere a Montepulciano in Toscana!
Come ogni borgo medievale, aveva due porte: San Rocco e San Sebastiano, entrambi protettori contro la peste ed entrambi con una piccola chiesa dedicata appena fuori; quella di San Rocco è graziosa, con anche un’opera di Gabriella Piccatto.
La Torre dell’Orologio




Il borgo ha sostanzialmente una forma circolare. Sulla cima della collina, nel punto più alto, trovi la Torre dell’orologio di Neive; costruita nel 1224 in mattoni, faceva parte delle difese del borgo prima di diventare torre campanaria con un grande orologio. Restaurata nel 2020, si sale facilmente e regala una bellissima vista su Neive e i vigneti attorno; stupendo lo scorcio con la Chiesa di San Michele Arcangelo appena sotto. Questa chiesa in stile barocco piemontese dell’architetto Borgese sorprende: fuori sembra piccola, ma dentro è spaziosa. Ma soprattutto perché è di rito ortodosso! Qui ci sono tanti lavoratori macedoni delle vigne e perciò gli è stata consegnata negli ultimi 7 anni; ha tante icone, ma i simboli del cattolicesimo non sono state coperti: la statua della madonna, il dipinto dell’Arcangelo Michele e il vecchio organo, uno dei più antichi del Piemonte (più ancora della chiesa).
I personaggi di Neive




Diversi personaggi hanno reso unica Neive. Il primo proprio Gabriella Piccatto, pittrice contemporanea con opere sparse nel borgo: bellissima la mappa dipinta davanti al comune.
Un altro è Dante Giacosa, il designer della 500, Topolino e altre macchine Fiat: cresciuto e sepolto qui, sono in mostra alcune sue “creature”.
L’ultimo che ha portato la gente a Neive fu Romano Levi, un distillatore artigianale…e un poeta! Fino al 2008 condusse l’ultima distilleria a fuoco diretto, apprezzata da vip da tutto il mondo come Mastroianni, Bocelli.. persino Schumacher, che ha lasciato un cappellino firmato! Oltre la qualità, la particolarità erano le etichette disegnate a mano: prima semplici, poi piccoli disegni ed infine capolavori poetici! Una la dedicò a Fellini. Era un uomo super generoso: lui vendeva la bottiglia a 15.000 lire e subito fuori ne valeva 200.000!! Puoi ammirare i disegni e le etichette nel Museo della Donna Selvatica in Piazza Italia.
Pranzo a Neive




Un aperitivo veloce (accompagnato da una bresaola eccezionale!) nella Bottega dei 4 Vini, cantina scavata sottoterra, dà sollievo al caldo. Qui espongono i 40 produttori di vino di Neive, ad un passo da Piazza Italia.
Poi ci rechiamo in un angolo delizioso di Neive, con l’edera che si arrampica sulla facciata di un edificio e accanto la chiesa di San Pietro e Paolo: ecco L’Aromatario, osteria e wine e art. Un tavolo all’aperto e ritmi placidi sono perfetti per assaporare l’ottimo pranzo con ravioli del plin burro e salvia come primo; e brasato con purè come secondo. Davvero un posto che raccomando.
5.3 Castagnole delle Lanze




A malincuore lascio Neive, che meriterebbe di essere conosciuta in tutti i suoi angoli. La prossima sosta è Castagnole delle Lanze, altro piccolo comune nelle vicinanze; è unito ai precedenti da 28km di strade e sentieri perfetti per trekking e pedalate tra le vigne Patrimonio Unesco!
Castagnole però è molto meno turistico, anche se merita di essere conosciuto. Le “lanze” del nome sono i filari di vite. Scendiamo in Piazza Balbo e risaliamo via Auberti con splendide case colorate: bellissimi scorci! Una scalinata a sinistra e raggiungiamo il Parco della Rimembranza dove si trova la torre; qui ognuno dei 100 tigli ricorda un soldato caduto in guerra. Questa torre è speciale: non è antica, bensì costruita dal conte di Saint Robert nel 1880 come osservatorio astronomico! Alta solo 14 metri, ma ha una grande vista: si dovrebbero vedere anche il Cervino e il Monte Rosa, oltre a Roero, Langhe e Monferrato. Peccato che oggi la vista non é eccezionale! Si vede anche uno stadio di “palla pugno” (o “pallone elastico”), molto diffuso qui. Volendo puoi fare un aperitivo esclusivo sulla torre, anche se l’ultimo tratto non è semplicissimo da salire.
Poi scendiamo da via Ruscone: altre belle viste, con la chiesa di San Pietro in Vincoli come sfondo; in stile barocco, dentro é piena di affreschi e ha 226 angeli (dipinti o statue), ma al momento è chiusa. Interessante invece la sottostante una galleria variopinta: il Portico di Tristano e Isotta dipinto da Vincenzo Piccatto con gocce di colore; è il portico degli innamorati: ad ogni passaggio parte un sottofondo musicale!
Adotta un filare




Castagnole è una delle capitali storiche del vitigno Barbera (d’Asti in questo caso). Diffuso grazie alle cantine sociali, è diventato inizialmente sinonimo di vino popolare e di poca qualità; ultimamente si è nobilitato.
A Castagnole delle Lanze hanno ideato un’iniziativa eccezionale: “Adotta un filare”; puoi adottare 20 metri di vigneto al costo di 100€ all’anno. Così sostieni i produttori locali e avrai a casa 12 bottiglie; dopo il terzo anno, mettono una targa col tuo nome sul filare e lo stampano sull’etichetta delle bottiglie! Ma non finisce qui! Gli adottanti possono partecipare a 3 eventi, tra cui la vendemmia: quindi ogni persona può vendemmiare il proprio appezzamento e i bambini pestare l’uva! Fantastico vero? È pure una brillante idea regalo per un amante del vino. Ci sono 1700 adottanti, da tutta Italia ma non solo!
5.4 Cantina Contratto




Oggi è la giornata del vino… te ne eri accorto? Non poteva mancare la visita a una cantina storica come la Cantina Contratto a Canelli, imperdibile in un tour nelle Langhe. Gestita dall’omonima famiglia dal 1867 fino al 1993, la cantina è a 13° costanti perché si trova sotto la collina di Canelli. La parte più antica della cantina è definita Cattedrale Sotterranea: capolavoro di ingegneria scavato nella roccia per chilometri. Canelli ha 4 cantine storiche chiamate così, tutte Patrimonio Unesco. Questi lunghi corridoi con volte in mattoni nel sottosuolo hanno un fascino eccezionale: sarà la luce soffusa, oppure le migliaia di bottiglie che vedi: ben 1,5mln sono conservate qui! Si producono spumanti con metodo classico, tutti millesimati (dello stesso anno), 180-200.000 bottiglie all’anno; m’ha ricordato la visita alla cantina di Franciacorta. Ad aggiungere fascino le stupende immagini Belle Époque disegnate da Campiello che del 1922 sono stampate sulle bottiglie.
Al termine del tour e delle spiegazioni degustazione di spumante: prima millesimato 2015, poi altri due bicchieri. Però non ce la faccio più: troppo vino per me oggi!
5.5 Santo Stefano Belbo




Ultima tappa odierna è Santo Stefano Belbo, paese natale di Cesare Pavese. Il nome mostra che ormai siamo nella valle del torrente Belbo; anche qui c’è una torre in collina, ma è decrepita e spaccata, quindi non visitabile. Si possono vedere però i tanti luoghi pavesiani che ci sono in paese o nei dintorni; lo scrittore ad esempio è qui sepolto nel cimitero e c’è il Museo Casa natale.
Il paese non colpisce: non ha il fascino di Barbaresco o Neive (che difatti sono super visitati dai turisti); non sono più gli idilliaci “quattro tetti” dell’infanzia di Pavese. Ora è un operoso comune come tanti, anche se circondato da colline meravigliose. In piazza c’è vita seduta ai tavoli di un bar, che noi superiamo per imboccare via Guglielmo Marconi, strada lastricata cuore del paese antico. Proprio qui, ai piedi della collina, trovi la Fondazione Cesare Pavese.
La Fondazione Cesare Pavese




Tre edifici molto diversi sono uno accanto all’altro: una casa rossa ottocentesca, poi una stranissima torre contemporanea con punta verso l’alto e a destra una chiesa originaria del XIV secolo: questa è la Fondazione Cesare Pavese! La chiesa di santi Giacomo e Cristoforo è dove lo scrittore fu battezzato nel 1909; ora è sconsacrata e ospita l’auditorium della fondazione, con meraviglioso cielo stellato, una cappella barocca e quadri di Treccani ispirati a La Luna e i falò. Poi trovi la Biblioteca Civica, con le opere di Pavese in bella vista, così come sue raffigurazioni.
Salendo la scala nella torre contemporanea raggiungi il Museo Pavesiano: qui c’è la vita di Pavese, la sua attività lavorativa, le sue foto e la sua personalità; ad esempio trovi custodite le famose pipe e gli occhiali. Stupendi gli allestimenti multimediali, come il video nella Sala Italia proiettato su una grande Italia di legno, super affascinante per scoprire lo scrittore. Molto potente la sala scura con due sedie in legno azzurro al centro: una è vuota, l’altra ha il diario con l’ultima frase scritta prima del suicidio; praticamente simbolizza l’assenza, la sua morte. Ideazione creativa ed efficace. Altra cosa eccezionale che si può fare è leggere tra le righe le sue opere usando gli iconici occhiali di Pavese come lente di ingrandimento.
Apericena e degustazione di Vermut




Per concludere la giornata apericena alla vicina enoteca Momenti di vino. E cosa beviamo? Una degustazione di Vermouth (o vermut), l’unico vino aromatizzato riconosciuto. È nato a Torino nel 1786: quindi è un prodotto piemontese! Non sapevo fosse composto da vino bianco al 75% e avesse 30-40 ingredienti; però ci deve essere l’artemisia (wermut in tedesco). Va bevuto accompagnato con stuzzichini; di fatto il Vermouth ha inventato l’aperitivo!
Così anche noi lo assaggiamo con prodotti locali, come salame o le buonissime nocciole (praticamente sono una droga!). 3 bicchieri di degustazione: un vermouth dry, uno bianco molto simile al Martini bianco (che è un vermouth), infine uno rosso, molto gustoso: parte dolce e finisce amaro.
L’ottima cena è iniziata con classici antipasti piemontesi come vitello tonnato e insalata russa. Durante c’è stata una bellissima sorpresa: l’attore Aldo Delaude ha letto alcuni brani di Pavese accompagnato dal sax: momento davvero speciale!
langhe cose da vedere
6. 3° giorno del tour nelle Langhe




Sorge un nuovo giorno nelle Langhe. Abbiamo dormito all’Agriturismo San Bovo, ma ieri sera siamo arrivati nel buio totale. Così è stato totalmente inaspettato uscire e trovarsi sulla vetta di una collina circondata da vigneti e vigneti, con la chiesetta di San Bovo sulla punta. L’hotel secondo me è rivedibile e kitsch, ma attorno è fantastico! Sembrava irreale: una meraviglia le alte colline che scendono velocemente verso la vallata con boschi e vigne che le vestono. Scenograficamente e fotograficamente è uno spettacolo eccezionale!
6.1 L’Alta Langa




Dopo la colazione riparte il tour nelle Langhe. Il pulmino risale il corso del torrente Belbo; salendo di quota spariscono le viti e trovi noccioleti, boschi e pascoli: cambia totalmente il paesaggio. Siamo ufficialmente in Alta Langa. Qui comincia anche la produzione dei formaggi in piccoli paesi con poche case, la chiesa, il municipio e i tipici muretti a secco. A volte c’è un solo negozio che vende di tutto, in piemontese chiamato “la censa“.
I comuni dell’Alta Langa sono luoghi ancora autentici, come tanti anni fa e come raccontava Beppe Fenoglio nei suoi libri (a differenza della Bassa Langa, diventata molto turistica). Le montagne salgono fino agli Appennini, poi “crollano” improvvisamente verso il mare Ligure.
Qui storicamente erano feudi della famiglia Del Carretto: litigarono tra loro per il potere, ma per 200 anni ebbero in mano i commerci da Genova al centro Europa.
6.2 Niella Belbo




Niella Belbo ci accoglie… con la nebbia ! È uno dei paesi più belli dell’Alta Langa e dei più grossi, con ben 370 abitanti! Ma trovi tutti i servizi, come la macelleria (che non è scontata qui); tra questi, alcuni bar che sembrano uscire dai film anni ‘70-80, ma con clientela fidata che viene ogni giorno e si ferma a chiacchierare.
Al momento però parte del paese ha i ponteggi: il giovane sindaco ha deciso di restaurare la piazza principale e l’attigua Chiesa di San Giorgio; questa però è visitabile ed ha interessanti tracce di affreschi quattrocenteschi (ma il resto è ottocentesco).
Comunque vale la pena fare un giro per Piazza S. Giorgio: poi a sinistra la strada si perde in campagna, a destra incontra l’Arco dei Francesi, così chiamato perché nel 1796 passò Napoleone con 12.000 soldati. Era l’accesso dell’antico castello, distrutto tra ‘400 e ‘600; di ciò resta solo la Torre Medievale in fondo a una graziosa via decorata da rose profumate. La torre risale al Duecento ed è a base quadrata e in pietra: ora funziona da torre campanaria… basta salire e tirare la corda, così come abbiamo fatto noi! La vista invece era chiaramente offuscata dalla nebbia. Affascinante invece osservare dal vetro la vicina Confraternita dei Battuti.
6.3 Murazzano




Seconda tappa di oggi è Murazzano. Per la posizione è sempre stata importantissima: il suo profilo si vede da lontano e chi la possedeva dominava due valli. Murazzano è molto viva: c’è una fantastica atmosfera grazie alle bandiere appese sopra Piazza Umberto I e gli scorci stupendi. Bei palazzi e le tante chiese dimostrano che era un paese nobiliare: stupisce soprattutto il palazzo del comune in stile norvegese dell’800, con un bellissimo scalone all’interno.
Attraverso quello (o facendo il giro) si raggiunge il parco sotto la grande torre di Murazzano in pietra, alta ben 33 metri e larga 9×9. Per la forma mi ricorda la Torre Grossa di San Gimignano in Toscana. Qui c’era il vecchio castello anche questo distrutto, stavolta da Napoleone. Salendo sulla torre hai una bella vista tutt’intorno, con le tre strade del paese che percorrono le creste delle colline e si incrociano in un punto.
Pranzo a Murazzano




Proprio sotto la torre ci attende una degustazione di formaggio Murazzano DOP, toma orgoglio del paese; è un formaggio a latte misto, grasso a pasta cruda. Ci sono 3 varianti, da quello fresco di pochi giorni a quello stagionato con crosta e dal sapore più forte. Per accompagnarlo beviamo un spumante dell’Alta Langa.
Finalmente esce il sole e risplendono i colori delle case di Murazzano, così si apprezzano ancora di più gli scorci come quello verso la Chiesa parrocchiale di San Lorenzo.
Noi torniamo in piazza per il pranzo alla Trattoria Da Lele, con splendida vista sulla chiesa sottostante. Piatti classici della cucina piemontese: ancora vitello tonnato, carne battuta al coltello e un piatto abbondante di pasta. Non avrei voluto più alzarmi dal tavolo!
6.4 La Madonna dei Monti e i luoghi fenogliani




Stamattina stiamo attraversando i luoghi cari a Beppe Fenoglio, dove visse e che descrisse nei suoi libri. Uno di questi è il Santuario Madonna dei Monti dove Fenoglio amava camminare. Si trova sulla strada fuori a Niella Belbo, in cima a una scalinata con un affascinante casa di fronte. Salgo rapido in quel giardino per fotografarla incorniciata dalla lavanda in fiore. La facciata barocca in mattoni rivela che è settecentesca, ma nella zona absidale c’è un affresco del ‘400 della Madonna del Latte di scuola monregalese (di Mondovì); era una cappella, poi inglobata nella chiesa.
Questo è il posto perfetto per leggere brani di Fenoglio: l’attrice Chiara Buratti li interpreta con grande trasporto.
Fenoglio visse per scrivere libri, anche se nella breve vita non ebbe riconoscimenti e si mantenne con altro; ma era in simbiosi con le Langhe e volle raccontarne le storie di quando erano povere.
6.5 San Benedetto Belbo




Il borgo fenogliano per eccellenza è San Benedetto Belbo: qui c’è la panchina sotto gli ippocastani dove scrisse diversi libri e c’era la censa che frequentava. E qui nei suoi angoli furono ambientate molte sue opere: il protagonista de La Malora ad esempio parte e ritorna proprio qui. Perciò il comune ha creato un itinerario letterario fenogliano sparso per il piccolo paese con tabelloni esplicativi e le citazioni. Gli amanti di Beppe Fenoglio vengono “in pellegrinaggio” per veder questi luoghi visitati dallo scrittore e descritti nei libri, anche se ora pare un paese fantasma circondato dai boschi: ci sono solo 162 abitanti! Così un gattone riposa tranquillo tra le vie, vicino alla Casa della Maestra e la casa degli zii.
Molto affascinante però la Porta Sottana che porta al torrente e ricorda la storia millenaria del paese, nato da un monastero benedettino scomparso.
6.6 Albaretto della Torre




Torniamo un po’ indietro verso nord per visitare Albaretto della Torre: già nel nome si capisce che c’è una torre. Questa è una torre Carrettesca del XI-XIII secolo, che controllava i traffici tra il mare e la pianura Padana; alta 28 metri, è fatta in pietra perché facilmente reperibile; anche questa deriva da un antico castello. Si distingue per le stupende decorazioni con archetti pensili nella parte alta e la vistosa scala a spirale esterna.
Vicino trovi la chiesa di San Sebastiano, ma noi siamo venuti qui per conoscere un illustre cittadino: Cesare Giaccone, ristoratore leggendario del paese che ha innovato la cucina in Langa. È stato il primo ad avere la stella Michelin nelle Langhe e nel 1994 è stato eletto dall’Herald tra i 10 ristoranti migliori del mondo! Da lui sono passati tutti, come attori tipo De Niro che girando a Torino ha chiesto espressamente di venire qui. Grande cuoco, ma anche pittore: i menù serviti erano dipinti da lui! Puoi vedere le sue ricette disegnate in casa sua ed è piacevole sentirlo raccontare, anche se ora a 75 anni non è più lucidissimo. Però emerge forte il suo amore per le Langhe, i prodotti del territorio e la natura, che continua a preservare per le future generazioni piantando alberi.
6.7 Monforte d’Alba




Oggi finale col botto: l’ultima tappa è Monforte d’Alba, uno dei più belli d’Italia. È fantastico! Il nucleo antico si arrampica su un colle, come puoi vedere da Piazza Umberto I ai suoi piedi. Cammini in salita per le strade serpeggianti tra case colorate, rose sparse, enoteche e scorci fantastici; ogni tanto improvvisamente si apre la vista sulle vigne nei dintorni: che meraviglia! Per i dislivelli e le piante che crescono addossate alle case sembra un borgo della Toscana! Ad un certo punto in via Cavour ho sentito musica jazz che usciva da un locale: che atmosfera fantastica e festosa! Qui trovi diversi locali e la maggior parte dei turisti sono stranieri; del resto è il posto perfetto per apprezzare il buon vivere italiano. Il borgo antico è davvero super affascinante e attrattivo, mi è piaciuto tantissimo!
L’Auditorium Horszowski e la degustazione di Barolo




In cima al colle, dove un tempo c’era il castello, ora c’è il settecentesco Palazzo Scarampi. A fianco, in un anfiteatro naturale è stato creato il magnifico Auditorium Horszowski intitolato al famoso pianista che lo inaugurò nel 1986. Qui si svolge un festival jazz molto importante: il “MonfortinJazz” arrivato alla 45ºedizione; ho trovato le platee e l’allestimento sonoro per il festival, che rovina lo scorcio con la torre campanaria e le due chiese delle confraternite. Sporgendosi dal muro però c’è una fantastica vista sul borgo e sui vigneti intorno.
Monforte fa parte della Langa del Barolo, è uno dei 15 comuni dove si produce questo vino prezioso. L’enoteca regionale del Barolo che rappresenta tutti i 140 produttori si trova proprio nel castello di Monforte e ci offre con orgoglio una degustazione di Barolo.
Le Panchine Giganti




Nel 2010 il designer americano Chris Bangle costruì fuori dal suo studio a Clavesana la prima Panchina Gigante, per ammirare pubblicamente il paesaggio con occhi nuovi, come se si fosse bambini. Visto l’immediato successo, molti comuni hanno copiato l’idea e le Langhe sono state l’apripista del progetto “Panchine Giganti”: quasi ogni paese ne ha una; sono diventate un’attrazione molto condivisa sui social!
Nel corso del nostro tour nelle Langhe Monferrato e Roero ne abbiamo sfiorate molte, finalmente a Monforte d’Alba abbiamo potuto vederne una da vicino. Forse è la più brutta… perché ha vista su un palo della luce e alberi nascondono il panorama! Ma è perfetta per una foto ricordo.
Ora ci sono ben 168 Panchine Giganti ufficiali, tutte uguali (cambia solo il colore); per la maggior parte sono in Piemonte, ma le trovi ormai in molte parti d’Italia. Per saperne di più clicca qui.
La serata a Monforte d’Alba




Manca poco al tramonto. Mi inerpico sulla collina di fronte per coglierlo mentre il sole cala dietro al borgo; ma è troppo in alto, meglio tornare nella zona della Panchina Gigante; lì è il posto migliore per cogliere la silhouette in contrasto. Foto super!
Dove mangiare a Monforte? C’è l’imbarazzo della scelta: ha 2000 abitanti ma ben 26 ristoranti, di cui 3 stellati! Noi abbiamo cenato al Barolo Bar, nei tavoli all’aperto di fronte. Atmosfera tranquilla e rilassata; classici numerosi antipasti, poi la pasta che va sempre bene. Però stasera niente vino: ho proprio bisogno di una birra fresca!
Il paese ha una forte identità: gli abitanti non escono in altri paesi, ma stanno qui nei posti tipici come La Saracca nel borgo antico; a volte escono da soli… e tornano alle 2 di notte!
Per la notte abbiamo dormito al Grappolo d’oro, bellissimo hotel in Piazza Umberto I.
cosa visitare nelle Langhe
7. 4° giorno di tour nelle Langhe
7.1 Chiesa di San Fiorenzo




Mezzora di tragitto in Alta Langa e raggiungiamo i dintorni di Bastia Mondovì. Domina il silenzio: sono pochissime le auto che passano; a lato strada c’è la Chiesa di San Fiorenzo del XIII secolo. Da fuori è insignificante, ma dentro é un capolavoro eccezionale di affreschi del giugno 1472: la ricoprono pitture semplici che dovevano servire da catechismo, da Bibbia illustrata. Rispetto al solito però manca il Giudizio Universale: i santi sono già santi, i dannati sono già dannati. Nella navata l’incoronazione di Maria è al centro dei santi con angeli che suonano strumenti musicali e attorno 6 gruppi di santi divisi in 6 gironi, con San Fiorenzo in evidenza; poi le Vergini martiri. Alla base c’è cosa fare per andare in Paradiso: le opere di Misericordia corporali, come dare da mangiare agli affamati. Sotto una delle primissime rappresentazioni del Purgatorio: dopo un minimo di tempo un santo ti può portare in Paradiso. Infine l’Inferno con un grande mostro (Satana) al centro e la cavalcata dei vizi in basso: l’orgoglio, ovvero un regnante che cavalca il leone e entra nel leviatano, poi l’avarizia, la lussuria con la donna che tira su la gonna e si specchia, invidia, la gola, l’ira e l’accidia. I contrappassi sono rappresentati al di sopra. Attorno le storie dell’infanzia e della Passione di Gesù.
Meravigliosa anche la zona absidale, con Cristo pantocratore nella crociera, circondato dagli evangelisti. Ma tutti i volti e i dettagli degli affreschi sono meravigliosi! E dire che nemmeno gli abitanti di Mondovì a 10km la conoscono! Per fortuna un’associazione la apre per visite nel weekend o su prenotazione.
7.2 Sacrario di San Bernardo




La Strada Provinciale 126 si arrampica sulle colline e ci conduce al Sacrario di San Bernardo del 1° Gruppo Divisioni Alpine, dove sono sepolti circa 800 partigiani e soldati badogliani che hanno combattuto la Resistenza in Piemonte agli ordini del comandante Enrico Martini; alcuni sono stranieri, venuti per combattere il nazismo: puoi leggerne i nomi sulle lapidi in marmo. Un posto quasi mistico, visto che è un viale di sassi bianchi con siepi ai lati che conduce alla chiesa sul crinale della collina; attorno hai un panorama a 360° sulle vigne e le colline delle Langhe! Peccato solo che oggi il cielo sia grigio e cupo. Col tempo perfetto deve essere uno spettacolo eccezionale!
7.3 Rocca Cigliè




Pochi minuti e siamo a Rocca Cigliè, puro paese dell’Alta Langa. Una sola strada attraversa il paese con case dal fascino rustico: sono disposte irregolarmente e nemmeno hanno recinzioni; tutt’al più pali in legno dividono le proprietà. Alcune case molto curate sono affiancate da angoli decadenti con macchinari e calcinacci. Ma ha il grande fascino della semplicità: ho adorato i gerani rossi ad abbellire le case con simboli della cultura contadina appesi, mentre sul fondo svettava la torre del paese.
Il forno pubblico di Rocca Cigliè




Ad un certo punto una signora con una carriola mi passa a fianco e prosegue con passo deciso. Dove andrà? Al Forno pubblico di Rocca Cigliè, dove viene fatto il pane per tutto il paese. Un tempo era tipico di questi paesi, ora raro; questo forno ad esempio è privato, ma chiunque può venire a panificare grazie all’associazione “Amici del Forno”. E lo facciamo anche noi! Abbiamo fatto il pane e poi infornato (anche se l’impasto era già stato fatto: noi l’abbiamo solo tagliato). Pagnotte e grissini lunghi… che profumino che esce dal forno! Ora dobbiamo solo attendere che cuociano.
7.4 Castellino Tanaro




Nel frattempo abbiamo tempo per visitare un altro paese. Passiamo prima da un incrocio con vista su Murazzano, dove ci sono due targhe con citazioni fenogliane; poi superiamo Igliano coi suoi 72 abitanti e la bella chiesa. La destinazione è Castellino Tanaro, un paese piccolo ma panoramico e con tanta storia. Qui le case hanno poco fascino, ma è interessante il nucleo antico su un rilievo con la chiesa di Maria Vergine Assunta ad aprirlo. Girandogli attorno per salire in cime scorgi un’altra chiesetta, ora trasformata in biblioteca.
Sulla cima svetta la torre di Castellino Tanaro, tonda e in pietra. Alta 32m, era il mastio dell’antico castello scomparso. Si distingue per la decorazione “classica” in alto e la fantastica vista: infatti domina il Tanaro pigro sotto e regala un panorama a 360° sulla natura e le Alpi. È pure facile da salire.
La “lela”




Ai piedi della torre ci hanno fatto assaggiare la specialità culinaria locale: la “lela”. È nata in tempo di guerra al posto del pane, perché il lievito mancava: è solo acqua, farina e sale; cotto sulla stufa, è un panetto gustoso da mangiare caldo che trovi solo qui.
Riprendendo il pulmino ho notato anche la bella Cappella di San Rocco con affreschi del 1527 attribuiti a Antonino Occelli; splendida la Madonna in trono con Bambino e i santi della parete di fondo.
7.5 Pranzo a Rocca Ciglié




Oggi è domenica: l’organizzazione ci ha voluto sorprendere con un pranzo della domenica in piazza, come si faceva una volta. Perciò torniamo a Rocca Cigliè, dove una grande tavola apparecchiata ci aspetta proprio sotto la torre. La torre di Rocca Cigliè alta 28 metri è in fase di recupero, per cui al momento non visitabile. In realtà c’è pure una torre più bassa, che con la chiesa e il vecchio palazzo dei marchesi in mattoni chiude la splendida piazza.
Qui prende pure poco il cellulare, per cui l’atmosfera è proprio d’altri tempi: chiacchieriamo tra noi e mangiamo, anche i panini e grissini fatti da noi! Da bere assaggiamo i vini d’Alta Langa: rosso per il pasto, mentre lo spumante Alta Langa per il dolce. Il comune sta incentivando il recupero dei terreni abbandonati nel dopoguerra e le uve bianche (più remunerative) stanno strappando di nuovo spazi ai boschi.
7.6 La partita di “pallapugno”




Cosa fanno la domenica i langhetti? Vanno a vedere una tradizionale partita di balon, la “pallapugno” o pallone elastico. Così attraversiamo i paesaggi mozzafiato delle Langhe per tornare a San Benedetto Belbo ad assistere una partita di Serie A. È sport nazionale, ma radicatissimo sul territorio: praticamente fa parte dell’identità delle Langhe. Il gioco discende dal Rinascimento e dal pallone col bracciale che si gioca ancora in Toscana.
Si gioca 4 vs 4 e c’è un campo lungo 90m con un grande muro a fianco (chiamato sferisterio). Il battitore tira un pugno incredibile a una pallina bianca… poi si scatena un batti e ribatti finché misteriosamente il gioco si interrompe. Ogni tanto urlano tutti… vuol dire che la squadra di casa ha segnato! Beh… ci ho provato a capire, ma le regole sono davvero complicate! Ma vince chi arriva a 9.
In migliaia di persone vengono ad assistere alle partite più importanti, incitando i partecipanti. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere Felice Bertola, campionissimo della pallapugno: ha vinto 14 scudetti; era talmente importante che si allenava a Formia con Sara Simeoni. Ho rivisto in lui quello che era Felice Gimondi per noi bergamaschi: una leggenda vivente.
7.7 Camerana




Le partite sono lunghe; noi dopo un po’ ripartiamo e raggiungiamo Camerana, un comune sparso con tantissime frazioni; noi visitiamo la frazione Villa, borgo principale con poche case che dalla strada regala uno scorcio fantastico con la torre e il campanile che svettano e i campi dorati di grano attorno; però dal pulmino non l’ho fotografato!
C’è la chiesa principale, la chiesa della confraternita e la torre di Camerana che faceva parte anche qui di un castello duecentesco; poi nel ‘500 è diventato un palazzo che è stato smantellato 85 anni fa (purtroppo) perché pericolante. È una delle torri più alte: ben 37 metri! Ha una particolarità: ha una sezione che affianca la parte bassa: praticamente è su due livelli! Anche qui si può salire: la prima parte è facilissima, poi si entra nella torre vera e propria dove c’è un’intelaiatura rossa di ferro con gradini composti da grate. Considerando che in cima le mura sono alte e quindi attorno vedi poco (giusto le montagne attorno) e che la salita è piuttosto buia, potevo evitare! Per chi soffre di vertigini come me questa è ardua da salire!
La chiesa della Santissima Annunziata




Interessante invece la chiesa settecentesca della Santissima Annunziata dell’architetto Francesco Gallo, di buona fattura e con affreschi di discreto livello di artisti monregalesi; barocco di provincia, in cui domina un curioso tono rosa. La facciata è lineare e tutta in mattoni, ma colpisce il campanile che è decisamente storto: altro che torre di Pisa! L’architetto è lo stesso dell’impressionante cupola ellittica del Santuario di Vicoforte, che non è molto lontano da qui.
Riserva naturale delle sorgenti del Belbo




Sempre a Camerana (e due comuni limitrofi) c’è la più grande area protetta del Piemonte: la riserva naturale delle sorgenti del Belbo, nelle Alpi Marittime; siamo infatti al confine con la Liguria. Si dice al plurale perché non c’è una vera sorgente, ma è un’area umida a 700m d’altitudine. È l’unica dell’Alta Langa, riserva naturale dal 1993; la particolarità è che ci sono 22 orchidee che fioriscono a maggio all’ombra degli alti alberi. Per l’unicità è candidata a Patrimonio Unesco.
Ci hanno portato ad uno dei punti di ingresso: nel pianoro vedi sentieri percorribili a piedi, in bici e a cavallo e sembra tutto incantato; purtroppo per questioni di tempo non siamo entrati.
7.8 Cena di paese a Castelnuovo di Ceva




Dopo la doccia ripartiamo per Castelnuovo di Ceva, piccolo comune al confine con la Liguria. Arriviamo quando una favolosa ora blu incornicia la piazza principale del paese. Beh… piazza! È più che altro un ingrossamento della strada che lo attraversa, ma col Municipio e la chiesa di San Maurizio. Le luci gialle regalano grande atmosfera.
Non c’è però quiete, anzi il borgo è molto animato. Infatti con nostra grande sorpresa gli abitanti del paese ci hanno preparato una festa in un cortile vicino, accogliendoci cantando Piemontesina Bella con la fisarmonica. Che momento fantastico! C’era pure Bruno Carbone, popolare cantante delle Langhe.
Antipasto con carne cruda e bagnacauda, primo di ravioli al plin e dolce: anche stasera ci hanno viziato! Ma la cosa più bella è stata vivere l’atmosfera di festa di paese con gli abitanti che cantavano a squarciagola le canzoni piemontesi e ci hanno trattato come se fossimo vip.
La Torre e la Cappella di San Maurizio




Illuminata su un rilievo che domina, anche qui a Castelnuovo di Ceva c’è la torre. Per completare la festa siamo saliti con una fiaccolata nella notte; abbiamo sfiorato la torre per dirigerci nel… cimitero! Qui si trova la bellissima Cappella di San Maurizio con affreschi del 1459 nella zona absidale come una grande Crocifisso e santi attorno, tra cui una cruda rappresentazione della decapitazione di San Maurizio. Tutto con gusto provenzale.
Peraltro ad un certo punto hanno spento le luci e hanno raccontato le storie delle “masche”, le streghe! Per finire siamo usciti nel cimitero: coi pochi lumini che c’erano regnava un’atmosfera lugubre ma affascinante!
tour nelle Langhe monferraro roero
Questo è stato il mio tour nelle Langhe, Monferrato e Roero di 4 giorni.
Spero di aver dimostrato che le Langhe non sono solo il vino e i luoghi più instagrammabili come Barolo, la colorata Cappella delle Brunate, la Vigna dei Pastelli e i campi di lavanda a Sale San Giovanni. Poi abbiamo trascorso un giorno in Alta Val Tanaro tra posti poco conosciuti ma affascinanti!
Ringrazio Visit LMR, Turismo in Langa e Turris Piemonte per avermi invitato a scoprire tutte queste bellezze!
Se avessi domande o commenti scrivili sotto. Mi segui già sui miei canali social?
tour nelle langhe