Qual è la regione più bella d’Italia da visitare? Domanda ardua da rispondere. Qualcuno potrebbe dire la Toscana, ma ci sono regioni più varie per bellezze, architetture e stili. Una di queste è certamente la Sicilia, un mix di culture unico nel Mediterraneo. Qui popoli e razze si sono incontrate e scontrate nei secoli lasciando tutte una traccia visibile. Fin dall’inizio, quando Fenici e Greci si divisero la sfera d’influenza della Sicilia; da allora l’ovest ha mantenuto una spiccata tradizione cartaginese/arabo-normanna, mentre nella costa est spiccano la Magna Grecia e lo stile barocco siciliano. A ciò vanno aggiunti i vivaci colori, varietà di fauna e paesaggi, il mare azzurro cristallino, borghi ricchi di fascino e la deliziosa cucina siciliana. Chi non ama i cannoli? Insomma fare un viaggio in Sicilia è un turbinio di emozioni e bellezze: anche se non è la prima volta lascia un segno profondo. Ho fatto un meraviglioso tour in Sicilia di 7 giorni cercando di racchiudere tutto il meglio. Te lo racconto.
- 1° Giorno: l’Etna
- 2° Giorno: Taormina, Milazzo, Cefalù
- 3° Giorno: Monreale e Palermo
- 4° Giorno: la Valle dei Templi
- 5°Giorno: Favara e Donnafugata
- 6° Giorno: Noto e Siracusa
- 7° Giorno: Catania
Tour Sicilia 7 giorni
1. 1° Giorno: l’Etna




Spesso visitare la Sicilia in aprile vuol dire assaggiare già la bella stagione; a volte ti abbronzi pure! Non questa volta: siamo stati sfortunati ed il brutto tempo ci ha accompagnato spesso. Infatti il primo risveglio è stato in una Taormina piovosa. Ma non ci facciamo scoraggiare e siamo pronti a visitare la Sicilia. Il primo giorno affrontiamo subito un simbolo della Sicilia: l’Etna. I locali qui lo chiamano semplicemente “A Muntagna”. Pronti, partenza, via, comincia il mio tour della Sicilia di 7 giorni.
1.1 L’Etna




Tra le cose da fare in Sicilia c’è l’escursione sull’Etna, l’enorme vulcano simbolo dell’isola. Atterrando a Catania ne ammiri la stazza (meteo permettendo) e nel nord-est è una presenza visiva costante, come una sentinella sulle cittadine e sul mare. Del resto l’Etna è il vulcano attivo più alto d’Europa: ben 3300m. Non ha forma conica ma irregolare, visto che ha attività sia sommitale che laterale. Infatti ai 4 crateri sommitali si aggiungono oltre 300 crateri laterali estinti; quest’ultimi si attivano, eruttano e poi la lava solidifica internamente otturandoli. Il problema è quando si aprono vicino ai paesini: questo può fare danni. Nel 1669 la lava distrusse parte di Catania! Dal 1987 esiste il Parco dell’Etna per proteggere la sua natura e dal 2013 l’Etna è diventato Patrimonio Unesco.
Puoi scoprire il vulcano con un’escursione sull’Etna, che poi fare ed organizzare in vari modi. Noi abbiamo contattato Etna excursion.
Escursione sull’Etna




Il fuoristrada parte. Presto il nastro d’asfalto diventa sempre più sgangherato, tra paesini e muretti a secco. Alle pendici del vulcano c’è vegetazione rigogliosa; il terreno fertile è perfetto per coltivare. La nostra escursione di mezza giornata ha l’obiettivo di raggiungere il fronte lava del 2002, l’ultima eruzione che ha minacciato i paesi. Prima raggiungiamo dove si è fermata la colata lavica a 1200m; attraversando un bosco improvvisamente una grande striscia nera ci sbarra la strada. La lava è nerissima e ruvida, ma piccoli abeti stanno già ricrescendo. Poi saliamo ancora, fino a Piano Provenzana a 1800m. È un grande spiazzo, ora innevato; ci sono hotel e impianti di risalita per sciare, ricostruiti dopo che l’eruzione ha distrutto i precedenti. Qui siamo trasbordati su un grande mezzo 4×4 di Etna Alcantara per arrivare a 2100m, dove trovi il cratere laterale da cui è partita quell’eruzione. Qui su trovi solo cespugli, mentre le nuvole ci sbarrano il panorama. Scendiamo per una breve passeggiata sulla neve e roccia lavica. Ci sono -3° e il vento radente graffia il viso; perciò in molti punti manca la neve. Dopo poco raggiungiamo il cratere nero, circondato dalle nuvole. Ho borbottato per il freddo, ma che esperienza memorabile! La rifarei domani. L’ho raccontata più dettagliatamente qui.
1.2 Le eccellenze culinarie della Sicilia




Scendiamo e giriamo attorno all’Etna. Ammiriamo paesaggi favolosi, come quelli vicino a Randazzo. Tra altri muretti a secco di pietra lavica e fiori raggiungiamo Bronte. Purtroppo le nuvole oscurano il vulcano, ma dovrebbe svettare davanti a noi. Ci fermiamo all’Azienda agricola MUSA, che produce il famoso pistacchio di Bronte D.O.P. (e molto altro). Il proprietario sta ristrutturando tutto usando la pietra lavica: punta all’inclusività e alla valorizzazione culturale, con luoghi accessibili a disabili e ciechi ed un teatro per suonare all’aperto. Proprio qui pranziamo con le eccellenze culinarie del territorio, che diversi produttori hanno portato con orgoglio. Sono alcuni dei 17 produttori riuniti in AssoCibo: per proteggere, valorizzare e promuovere queste specialità enogastronomiche della Sicilia.
Pranzo a Bronte




Questi sono prodotti di nicchia, in numero limitato, ma di altissima qualità. Oltre al pistacchio di Bronte (che non ha bisogno di presentazioni), ci sono legumi e lenticchie di Maletto, ancora più ricchi di minerali, ed i profumatissimi limoni di Lumì, prodotto da 4 generazioni; poi salumi deliziosi come il salame “porcovacca” (per la fusione delle due carni) e bresaola di montagna di bovino, stagionati in cantine naturali; infine marmellate e liquori prodotti nelle Gole dell’Alcantara, dal colore naturale senza coloranti.
Il pranzo è preparato con questi ingredienti locali eccezionali! Assaggiamo salumi e lenticchie come antipasto. Poi due primi piatti con tortelli e pistacchio, il secondo con aggiunta di funghi. Poi ottima la carne e salsiccia, che si scioglie in bocca. Come dolce ovviamente torta di pistacchio, tutta verde. Lo sai che i pistacchi di Bronte sono unici? Non hanno bisogno di tostatura e sale, sono deliziosi già così.
1.3 Isola Bella




Sarà che era domenica, ma siamo stati seduti a tavola tantissimo! Praticamente abbiamo fatto un tipico pranzo domenicale siculo.
Così torniamo sulla costa quando l’Etna già ha esteso la sua ombra. L’Isola Bella vicino a Taormina adesso perde parte del suo fascino; comunque il panorama dall’alto fa sognare, anche senza le buganvillee rosa in fiore ad esaltarla. Come l’omonima isola del Lago Maggiore, sono due gemme d’Italia. Infatti nonostante le acque smeraldo attorno alla penisola rocciosa non splendano al sole, è una meraviglia della Sicilia. Scendo sulla spiaggia sassosa per ammirarla da vicino: se vuoi raggiungerla ti bagni un po’ i piedi: alcune rocce sono sommerse dal mare. Questo scoglio roccioso con piante rare ed esotiche impiantate da Florence Travelyan ora è una riserva naturale, visitabile su prenotazione; in alternativa alcuni ragazzi offrono un tour in barca attorno. Io purtroppo non ho tempo, ci tornerò la prossima volta.
1.4 L’Unahotels Capotaormina




Poco distante c’è il nostro lussuoso hotel, l’Unahotels Capotaormina. È stato costruito nella roccia, scavando il faraglione che si protende nel mare. Perciò la terrazza regala un panorama favoloso da Isola Bella a Giardini Naxos! La cosa particolare di questo super hotel è che arrivi e sei in cima: per le camere l’ascensore… scende! In fondo c’è l’accesso al mare e piscina privata dell’hotel, che raggiungi con un affascinante tunnel illuminato nella roccia. La stanza è spaziosa e luminosa, anche questa con super vista; però i materassi sono duri. Poi hai a disposizione tanti servizi, come la palestra e il centro benessere. Anche il ristorante è di altissimo livello. Insomma l’Unahotels Capotaormina è fantastico.
1.5 Cena a Taormina




Stasera però non proviamo il ristorante dell’hotel, ma usciamo a cena a Taormina. Una piccola passeggiata con l’atmosfera serale e poi scendiamo la scalinata di Via Timoleone con profumatissime piante ai lati. Qui c’è il Ristorante I Giardini di Babilonia, dove puoi cenare sotto gli aranci col profumo di zagara (i fiori di arancio e limone). Il giardino con luci pendenti ha un fascino incredibile. Questa era la casa dell’ornitologa inglese Florence Travelyan; venne qui e si innamorò di Taormina e del sindaco! Lei inventò il turismo di Sicilia e a Taormina, comprando come detto Isola Bella.
Il ristorante ha molti prodotti siciliani, come il vino rosé di benvenuto. Ho assaggiato caponata siciliana, con anche zucchine e peperoni e una nevicata di cacao. Come primo deliziosi spaghetti ai crostacei (con scampi e gamberi). A seguire couscous (non mi è piaciuto molto), un freschissimo sorbetto e Malvasia. Cena da ricordare.
2. 2° Giorno: Taormina, Milazzo, Cefalù




Anche oggi risveglio piovoso. Però anche così che vista meravigliosa su Giardini Naxos dalla finestra della camera dell’Unahotels Capotaormina! Anche la sala colazione ha un enorme balcone sul mare, dove fare colazione col bel tempo. Oggi vedi passare i gabbiani liberi in volo. La colazione a buffet è molto completa; ci sono pure cannoli e granita! Io comunque prendo prevedibilmente brioche e cappuccino, con succo di arance siciliane. Le piastrelle colorate con effetti geometrici tipiche della Sicilia mettono di buonumore anche me che la mattina sono un orso.
Ma cosa vedere il secondo giorno in Sicilia? Oggi abbiamo in programma di visitare 3 bellezze del nord-est: Taormina, Milazzo e Cefalù. La giornata sarà molto on the road e dalle pendici dell’Etna raggiungeremo Palermo in serata. Speriamo che il meteo ci assista, perché la pioggia rovinerebbe la giornata. Però solamente essere in Sicilia mi rende felice.
2.1 Taormina




Come non detto. Giusto il tempo di arrivare a Taormina e comincia a piovere (nonostante qualche irridente raggio di sole). Taormina è una rarissima città greca costruita su un monte, il monte Tauro. Questo accadde perché Naxos fu distrutta dal tiranno Dionisio di Siracusa nel 296 a.C.; gli abitanti perciò si rifugiarono sul monte, un tempo abitato dai siculi.
Il Teatro Greco di Taormina




Durante il periodo greco e romano ebbe grande fortuna, come dimostra il Teatro Greco di Taormina, imperdibile meraviglia siciliana. Lo raggiungiamo velocemente. Costruito in periodo ellenistico, fu poi rifatto dai Romani: quindi il teatro greco è in realtà romano! Loro lo adattarono anche per i combattimenti di gladiatori. La cavea regala uno spettacolare panorama sulla costa e sull’Etna. All’epoca però la vista era oscurata da un grande muro, di cui restano i resti di colonne e capitelli.
È il secondo teatro greco più grande di Sicilia (dopo Siracusa), ma quello conservato meglio, grazie ai restauri nel Settecento e Novecento. Invece non sapevo che nel ‘400 fu anche abitato da alcuni nobili; è l’edificio nella parte destra della cavea: da fuori si vede una piccola finestra gotica. Nella parte alta c’è un adorabile giardino con piante grasse, un piccolo museo e ammiri la vista a picco sulla costa e Taormina.
Il centro storico di Taormina




Il centro storico di Taormina si estende per 800m, tra Porta Messina e Porta Catania. Non lo ricordavo così lungo! Purtroppo abbiamo il tempo solo per fare una passeggiata. L’impianto della cittadina è medievale, come dimostra anche Palazzo Corvaja con finestre gotiche che incontri subito. La via è tutta diritta, con negozi super curati e case con balconi con piante grasse; spesso è il sedum, una cascata di foglie succulente che pendono nel vuoto. Lo vorrei nel mio giardino! Osserva i vicoli coloratissimi sui lati, con scalinate, vasi, decorazioni… Tutto pittoresco, fantastico da fotografare! Però la luce bassa del sole che è uscito non aiuta. A metà trovi Piazza IX Aprile, una meravigliosa terrazza panoramica sul mare con chiese attorno e la Torre dell’Orologio. Oltrepassandola raggiungi Piazza del Duomo, con Cattedrale duecentesca semplice e fontana barocca.
È stato un piacere tornarci; Taormina è speciale! Super turistica, ma va bene così.
2.2 Milazzo




Il cielo diventa azzurro e noi lasciamo Taormina. Il pullman procede verso nord fino a Milazzo, una penisola proiettata nel mar Tirreno. Perciò è il punto di partenza ideale per raggiungere le Isole Eolie; quasi tutti i turisti arrivano qui per quello. Ma Milazzo merita una visita perché custodisce un tesoro sottovalutato della Sicilia: il castello di Milazzo. Come sempre, si trova su un rilievo. È esteso 7 ettari, per cui bisognerebbe parlare di cittadella fortificata. Del resto fin dai greci, Milazzo è sempre stata la fortezza di Messina; la fertile piana attorno serviva per nutrirla. Stanno cercando di recuperare i numerosi edifici. Ad esempio in una vecchia chiesa inglobata in un bastione dal 2019 è aperto il MuMa (Museo del Mare) grazie a Carmelo Isgró; il pezzo forte è lo scheletro di un giovane capodoglio chiamato Siso, rimasto impigliato in una rete illegale nel 2017.
Il castello di Milazzo




Il conte normanno Ruggero costruì il castello dopo la conquista di Messina e Milazzo; la Sala del Parlamento è di quell’epoca. Poi ogni dominazione successiva aggiornò le strutture difensive, lasciando un segno. Difatti il castello ha ben 3 cerchie murarie: all’interno la cinta sveva di Federico II, poi quella aragonese ed all’esterno le ampie mura spagnole del ‘500. Quest’ultime separarono il Borgo Antico dalla Città Bassa, sviluppatasi nel Settecento. Il castello protagonista di molte battaglie; l’ultima la battaglia di Milazzo con cui Giuseppe Garibaldi liberò la Sicilia nel 1860. Persa l’importanza strategica, divenne un carcere fino al 1970. Dopo un periodo di decadenza, i restauri lo stanno riportando all’originaria bellezza.
Il Bastione di Santa Maria è l’attuale ingresso del castello. Lo varchiamo e comincia a piovere forte. Che sfortuna! Dentro ti accorgi dell’enorme spazio: c’è un vasto prato con fiori di campo gialli e fucsia e trifogli fioriti. Nel punto più alto sorge il Castello di Federico II, protetto da 5 torri circolari aragonesi.
Il Duomo Antico




Incredibilmente in questo spazio trovi il Duomo Antico di Milazzo. Faceva parte del Borgo Antico, di cui trovi solo resti; ma fino al Cinquecento molti abitavano dentro al castello. Costruiti i bastioni spagnoli, la gente pensò che sarebbe stata bombardata in caso di attacco. Il Duomo fu realizzato nel ‘600 nel vano tentativo di farli rimanere.
Per proteggerci dalla pioggia entriamo a visitarlo. Dentro domina il bianco: è praticamente spoglio; i suoi pezzi sono stati riutilizzati da altre chiese in zona. E pensa che per realizzarlo furono abbattute 4 chiese del castello! Comunque rimangono resti delle cappelle laterali in marmi “mischi” policromi (che ricordano Palermo), come il fantastico altare di Santo Stefano Protomartire. Perciò la chiesa piacque molto. Sopra la pianta a croce latina svetta l’ampia cupola, luminosissima per la pietra chiara di Siracusa realizzata per costruire tutta la Cattedrale.
Nel castello c’era anche un monastero delle Benedettine.
Pranzo da Esposito Mare




Si è fatto tardi. Scendiamo nella parte moderna di Milazzo per il pranzo a Esposito Mare. È un ristorante napoletano sul lungomare di Raffaele Esposito: che personaggio! Ma tutto l’interno è particolare: c’è pure una statua di San Gennaro! Qui incontriamo altri produttori di Associbo, stavolta provenienti dalle Eolie e dai Monti Nebrodi (dove trovi la massima biodiversità della Sicilia). L’antipasto ha avuto prodotti un po’ estremi, tipo la bruschetta con sale al mandarino… troppo salato! Ma ottimi i salumi di suino nero dei Nebrodi. Primo con pasta di farina farro lungo (berciasacchi), finocchietto selvatico e triglie; è un piatto delle Eolie, con l’antico gusto ruvido e duro della pasta. Come secondo piatto buonissimo totano ripieno. Per finire vari dolci, tra cui dolci alle mandorle e nacatole, decorato che sembra pizzo; io ho preferito il pandoleum: un morbidissimo pan dolce con olio dei Nebrodi che sembra un panettone senza canditi.
2.3 Cefalù




Un tragitto abbastanza lungo ci porta a Cefalù. Ovviamente in viaggio c’è stato il sole e finalmente abbiamo visto le Eolie; ma appena arrivati riprende a piovere. Oggi la pioggia ci perseguita!
Cefalù è il classico borgo marinaro mediterraneo, tanto piccolo quando grazioso. È conosciuta come la perla della costa palermitana e qui i palermitani vengono in vacanza (beati loro!). Il centro storico è pedonale. Ha vicoli medievali paralleli, facili da girare, dove si alternano brutte case moderne ed alcuni affascinanti palazzi antichi; uno di questi ospita il prezioso Museo Mandralisca. Tra le chiese scorgi anche ricche chiese: del resto Cefalù è stata sede vescovile. Ciò che mi è piaciuto di Cefalù è l’atmosfera frizzante: anche ad aprile trovi tanta gente per strada, molti negozi ed alcuni artigiani, come quello che modellava un vaso direttamente sul vicolo. Anche per questo Cefalù è uno dei Borghi più belli d’Italia.
La Cattedrale di Cefalù




Senza dubbio il tesoro di Cefalù è la Cattedrale, voluta da Ruggero II; perciò è uno dei siti arabo-normanni Patrimonio Unesco, con quelli di Palermo e Monreale. Pare che fu costruita come promessa per salvarsi da un naufragio. Le due possenti torri campanarie normanne con cuspidi svettano sui tavolini all’aperto di Piazza Duomo. Le palme e la parete rocciosa della Rocca rendono lo scorcio unico, così come gli splendidi palazzi che ornano la piazza. Angolo meraviglioso di Mediterraneo. La morte del re lasciò la cattedrale incompleta. Lo noti varcando il portale in marmo: all’interno solo abside e presbiterio sono decorati da mosaici dorati. In fondo alle tre navate spicca il grande Cristo Pantocratore benedicente; però siamo sfortunati: non possiamo ammirarlo perché in restauro. Il soffitto in legno dipinto è chiaramente arabo. La visitare è gratuita, ma hai 3 itinerari diversi a pagamento per vedere anche torri, tetti, tesoro e chiostro.
Il Porto Vecchio di Cefalù




Poi scendiamo verso il porto tra i vicoli ed alcuni angoli pittoreschi. Poi imbocchiamo Via Vittorio Emanuele, parallela al mare. Improvvisamente trovi a sinistra la Porta Marina (o Porta Pescara), grande arco gotico spalancato sulla spiaggia; è l’unica superstite delle 4 porte cittadine. Questo scorcio con mare e spiaggia è la foto più instagrammabile di Cefalù. Scendendo i gradini sei al Porto Vecchio, con a sinistra le case bianche affacciate direttamente sul mare e la banchina a destra. Qui hanno girato alcune scene di “Nuovo Cinema Paradiso”. Puoi fare una piccola passeggiata fino al frangiflutti, per sederti sulle panchine ad osservare lo scorcio stupendo. Ti accompagna il suono delle onde che si infrangono sulle rocce. Oggi il mare borbottante ha un colore fantastico, che contrasta col cielo cupissimo. All’improvviso ecco un raggio di sole: mi scateno nelle foto, approfittando di chi si siede sulle panchine della banchina.
I panorami di Cefalù




Cefalù è un borgo eccezionale e affascinante, che volevo visitare da tempo. Recentemente hanno girato il nuovo film di Indiana Jones, per cui diventerà ancora più famosa e turistica.
Oltre a tutto ciò che ho appena detto, Cefalù regala panorami eccezionali. Uno è dalla lunga spiaggia sabbiosa verso il borgo. Un’altra super vista è dall’alto della Rocca, la montagna che domina il borgo. Prende nome da alcune fortificazioni bizantine di cui puoi vedere i resti; il percorso che sale non è difficile, ma noi non abbiamo abbastanza tempo. Ci siamo consolati col super panorama dalla strada per lasciare Cefalù; si chiama via del III Millennio e dallo spiazzo laterale hai davanti Cefalù, con le torri della Cattedrale, il mare e la campagna circostante. Dopo aver ammirato questa vista, partiamo più felici.
2.4 Cena e notte all’NH Hotel Palermo




Un’ora di strada (circa), panorami sul mare e due arcobaleni ci accompagnano a Palermo, la capitale della Sicilia. Semplicemente imperdibile. Per visitarla alloggiamo all’NH Hotel Palermo, posizionato sul lungomare vicino alla Porta Felice. Praticamente sei in centro senza avere gli svantaggi del centro storico. Poi l’hotel 4 stelle è splendido, con camera pulita e spaziosa. Ho pure una splendida vista su un palazzo neogotico di fronte.
Qui ceniamo a buffet, ovviamente con prodotti siciliani. C’è di tutto: dalle caponate al fritto misto, dalla pasta con le sarde all’insalata di gamberi. Ovviamente ho provato anche il pani ca’ meusa, piatto tipico palermitano con la milza; l’avevo già assaggiato nel precedente viaggio a Palermo e mi piace molto. Chiacchierando amabilmente in gruppo, la serata è trascorsa serenamente.
3. 3° giorno: Monreale e Palermo




Arrivando a Palermo, cambia l’antica sfera d’influenza della Sicilia. Se la costa orientale fu colonizzata dai Greci, qui si imposero i Cartaginesi ed i Fenici. Furono quest’ultimi che fondarono la città, anche se il nome Panormus deriva dal greco e significa “tutto porto”; ma Palermo non fu mai greca! Tuttavia l’impronta evidente è l’eredità arabo-normanna-bizantina resa dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità nel 2015. Assieme ai 7 monumenti cittadini, ce ne sono 2 fuori: la Cattedrale di Cefalù che abbiamo ammirato ieri e la Cattedrale di Monreale, sull’altura che domina la piana di Palermo. Questa è la nostra prima destinazione di oggi.
3.1 Monreale




Salendo per visitare Monreale verifichiamo la massima di Johnny Stecchino: “il problema di Palermo è il traffico!”. Abbiamo impiegato tantissimo tempo per quei 5km. Arrivati in cima al rilievo, hai un vasto panorama sulla piana di Palermo (chiamata Conca d’Oro) ed il mare. A Monreale c’ero già stato, ma merita sempre. La cittadina non è granché, anche se regala qualche scorcio pittoresco tra le case antiche (nonostante i lavori in corso); uno ha imposte colorate e tante piante sui balconi.
Il fulcro di Monreale sono le due piazze attorno al Duomo; regalano angoli preziosi, in particolare Piazza Vittorio Emanuele II con gli alberi e potati e la fontana al centro. Però di mattina la luce non è ideale per fotografare. Invece da Piazza Guglielmo II ammiri le due torri campanarie massicce; dovevano essere come quelle di Cefalù, ma una è rimasta incompleta e l’altra è stata colpita da un fulmine.
Il Duomo di Monreale




Dove c’era un bosco sulla montagna reale (questo significa Monreale) nel 1174 il re Guglielmo II fondò il Duomo di Monreale. Frontalmente ammiri il portale bronzeo di Bonanno Pisano del 1185, ma entri dal lato. Varcata la soglia rimani senza parole: dentro è una meraviglia eccezionale! Mosaici ovunque, oro che domina, storie bibliche da seguire e due grandi sarcofagi reali nel transetto destro. Ma ruba tutti gli sguardi il grande Cristo Pantocratore nell’abside. Spettacolo dell’arte: sembra che ti fissi intensamente e nel libro c’è scritto “Io sono la luce del mondo”. Ti lascia senza parole, estasiato. In basso ha la Madonna Theotokos a cui è dedicata la chiesa, che fa parte dei 6500mq di mosaici, soprattutto di foglia d’oro che splende. Nella navata principale raccontano Genesi e Antico Testamento, nelle navate i miracoli di Gesù, con vita di San Pietro e San Paolo nel coro. Curioso che nell’abside i nomi dei santi sono scritti in greco. Colonne e capitelli sono di spoglio, quindi di varie altezze; questo è tipico dei monumenti arabo-normanni.
Sulla sinistra a pagamento visiti la Cappella Roero, in stile barocco palermitano, con la storia di Giona e la balena intarsiata sul pavimento e uno stupendo crocifisso in marmi policromi. Insomma il Duomo di Monreale è un capolavoro assoluto, l’apice dell’arte arabo normanna.
Il Chiostro dei Benedettini




Il Duomo era annesso ad un monastero benedettino. Di tutto ciò ora puoi visitare il Chiostro dei Benedettini, a cui accedi da un angolo di Piazza Guglielmo II. Anche questo è un capolavoro d’arte normanna. Fu ispirato a quello di Cefalù, ma è molto più grande. Ha 228 colonne che sostengono capitelli stupendi, tutti diversi; 2 sono firmati dall’artista, ma per varietà di stili, sono almeno 5 gli scultori. Poi alcune colonne hanno intarsi marmorei meravigliosi! Invece gli archi ogivali testimoniano l’influenza araba. Con quelli ho incorniciato la torre del Duomo. Al centro del chiostro hai secolari cycas, importate nel Settecento da una principessa; nei 4 spicchi 4 piante nominate nella Bibbia: melograno, fico, palma ed ulivo.
Il chiostro si vede benissimo anche dai tetti del Duomo, ma per questioni di tempo lì non saliamo. Ci ero stato nella mia prima visita a Monreale e sono imperdibili.
3.2 Palermo




Torniamo al pullman e scendiamo: è ora di visitare Palermo! È imperdibile in un tour della Sicilia di 7 giorni, anche se spesso le si dedica una visita di un giorno. Noi purtroppo nemmeno quello: abbiamo praticamente solo mezza giornata. Questo è un peccato perché Palermo è piena di meraviglie. Ne ho raccontate molte nel mio precedente viaggio a Palermo di 4 giorni. Comunque ogni visita di Palermo è speciale e quindi mi godo queste poche ore in città, cominciate dalla visita di uno dei mercati tipici: il Mercato del Capo.
Il Mercato del Capo




Se la Vucciria negli ultimi anni ha perso il suo fascino, lo spirito autentico è rimasto nel Mercato di Ballarò e nel Mercato del Capo. Quest’ultimo si svolge lungo la via Mura di Porta Carini, a partire dall’omonima porta antica. Il Capo è il nome del quartiere popolare. Pittoresco e caotico, qui rivive la vera Palermo di una volta e si svolge tutti i giorni. Sui due lati della via le bancarelle vendono soprattutto prodotti agroalimentari; frutta e verdura, pesce, pasta, dolci… insomma tutto! Le urla dei venditori richiamano l’attenzione verso la propria bancarella. Il bello è che il mercato è animatissimo e ci sono tavolini per mangiare direttamente qui. Certo che passarci prima di andare a pranzo è una tortura! I profumi ti tentano.
Attorno trovi chiese come la chiesa dell’Immacolata Concezione (solitamente chiusa) e murales di street art che abbelliscono le case popolari.
Pranzo al Giardino Duca di Serradifalco




Fortunatamente resisto alla tentazione. Torniamo un po’ in periferia, in un grande giardino salvatosi dalla cementificazione selvaggia di Palermo nel dopoguerra. Il Giardino Duca di Serradifalco è un giardino pre-romantico con piante di tutto il mondo: posto fantastico! Era stato abbandonato e due anni fa è partito il restauro, ripiantando 450 piante. Il progetto non è terminato: sperano in 2 anni di rendere fruibile tutto il giardino di 17.000mq. Comunque è già visitabile.
Piante e fiori ti accolgono fin dall’ingresso, con un sentiero nel verde che porta a una fontana. L’edificio di design a fianco è Le Serre, ristorante e Lounge bar. Qui mangiamo piatti gourmet di cucina mediterranea, dopo antipasti finger food. Ho gradito soprattutto il secondo di pesce. Ma il pezzo forte arriva come dolce: bulbi di gelato coperte da praline, in 6 diversi gusti come pistacchio e nocciola. Del resto il gelato venduto in un chiosco è la grande attrazione estiva del giardino! Ma di sera vanno forte anche i drink del bar; del resto le alte piante garantiscono 5-6° meno della città.
L’Ape Tour di Palermo




Terminato il pranzo ecco una sorpresa: invece del solito pullman troviamo tanti ape calessino (o tuc tuc) pronti a portarci in giro per Palermo. Sono un servizio sostenuto dal comune e per le dimensioni ridotte possono attraversare vie strette dei quartieri del centro storico, compreso il quartiere di Ballaró. Solitamente comprende auricolari per avere spiegazioni sui monumenti ed ha diversi itinerari a scelta.
L’Ape Tour Palermo è un’emozione, perché col vento tra i capelli raggiungi velocemente le principali bellezze cittadine: il Teatro Massimo, il Teatro Politeama, la chiesa di San Domenico in via Roma e molti altri. Abbiamo girato mezza Palermo! Il giro è molto piacevole, anche se le foto e riprese non vengono granché. Alla fine scendiamo davanti all’enorme mole di Palazzo dei Normanni, pronti a visitarlo.
Palazzo dei Normanni e Cappella Palatina




Palermo fu fondata qui. Poi il palazzo costruito dagli Arabi nell’XI secolo venne trasformato in palazzo reale da Ruggero II; questo è Palazzo dei Normanni, in seguito riadattato anche dai viceré spagnoli. Lo dimostra il cortile Maqueda, barocco con colonne su tre piani. Ora è sede dell’Assemblea Regionale Siciliana. Perciò la maggior parte è visitabile solo nel weekend; fa eccezione la Cappella Palatina, gioiello d’arte arabo-normanna. Fonde le culture della città dell’epoca (ebrei compresi). Dopo l’incoronazione del 1130 Ruggero II volle una cappella per pregare, ma fu realizzata una vera e propria basilica a tre navate. Una meraviglia indimenticabile. L’oro dei mosaici splende anche qui, ma è più piccola e raccolta di Monreale. Al Cristo benedicente nell’abside si somma il Cristo Pantocratore nella cupola, con santi ed angeli a riempire ogni spazio e le storie di San Paolo e di San Pietro nelle navate. Poi c’è il candelabro romanico, il pavimento cosmatesco originale ed soffitto arabo con muqarnas, in legno dipinto (a differenza dell’Alhambra dove sono in stucco. Tutto armonico e di altissimo livello: bellezza pura e sorprendente.
Cattedrale di Palermo




Attraversiamo Villa Bonanno, giardino con alte palme per raggiungere la Cattedrale di Palermo, simbolo della città. Costruita tra 1179 e 1185 sulla vecchia moschea (e prima un tempio pagano), è un altro monumento Patrimonio Unesco. I normanni crearono un edificio semplice, ma poi fu modificato nei secoli. Dall’esterno puoi leggere tutte queste modifiche, come se fosse un libro d’arte. La parte absidale è quella più originale, poi c’è il portico gotico-catalano, le slanciate torri gotiche e la cupola settecentesca. Anche l’interno è stato stravolto: è in stile neoclassico, bianco e quasi asettico. Da notare le cappelle laterali, tra cui quella di Santa Rosalia e l’altare con la tomba di padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993. Poi vedi ha una meridiana solare che mi ricorda Bergamo Alta (ma c’è anche a Catania). A pagamento visiti le tombe reali con Ruggero II e Federico II e le terrazze del Duomo.
I Quattro Canti e Piazza Pretoria




Continuando sulla strada tra negozi e bar arrivi in Piazza Bologni, con la statua di Carlo V (magrissimo); proseguendo ecco i Quattro Canti, scenografico punto focale del centro storico di Palermo. Le due vie principali si incrociano con edifici barocchi ai quattro angoli, praticamente identici; cambia solo la fontana alla base (rappresentante le 4 stagioni) e le 4 statue dei re spagnoli di Palermo: Carlo V e Filippo II, III e IV.
Ad un passo Piazza Pretoria con al centro la celebre fontana cinquecentesca. In marmo di Carrara, pochi sanno che arrivò da Firenze in 644 pezzi; fu infatti voluta del fratello del viceré che viveva lì. Però alcuni pezzi mancavano; il figlio dello scultore Camilliani fu chiamato per terminarla. Furono abbattute alcune case per creare lo spazio in piazza e i 4 fiumi toscani divennero i 4 fiumi di Palermo. Ora che il sole tramonta è suggestiva e affascinante!
Cannolo alla pasticceria Costa




Altri due passi ed arriviamo in Piazza Bellini. Qui da un lato trovi la meravigliosa chiesa barocca di Santa Caterina; dall’altro la chiesa di San Cataldo con tre cupolette rosse arabe e la chiesa della Martorana. Queste due fanno parte dei monumenti arabo-normanni Patrimonio Unesco, ma hanno chiuso da poco. Perciò decidiamo di non resistere alla tentazione: andiamo a mangiare un cannolo. Dopo tante camminate, ce lo siamo meritati! Scegliamo la Pasticceria Costa, con un sorprendente locale in stile liberty celeste. Sembrava di stare in un set cinematografico! Visto che stiamo mangiando tanto, prendo solo un mini cannolo (un cannolicchio). Degustarlo nei tavolini all’aperto a pochi metri dai Quattro Canti è un’altra meraviglia che solo Palermo può regalare. E che buono che è il cannolo!
Cena alla Trattoria la Cambusa




Dopo una doccia in hotel usciamo di nuovo. È sceso il buio e domina la luce gialla che regala una magnetica atmosfera retrò; mi aveva colpito tantissimo la prima visita a Palermo! A piedi raggiungiamo Piazza Marina, sfiorando i giganteschi ficus esotici del Giardino Garibaldi. Al numero 16 la Trattoria la Cambusa, dove ceniamo stasera. Prendo un menù di pesce: antipasto di trilogia di mare e poi primo piatto di riso carnaroli con scampi e scamorza affumicata. Tutto molto gustoso.
A seguire andiamo a bere un drink alla Farmacia Alcolica; è un bar super particolare, con oggetti retrò ovunque, anche biciclette appese! Mi ricorda il ruin pub di Budapest, ma non così fatiscente. I menù sono in confezioni di farmaci e i drink hanno nomi di medicine: sennò che farmacia sarebbe? Geniale. I drink sono così curati e particolari (spesso affumicati); quando li portano diventa uno show sorprendente. Stupenda serata.
4. 4° Giorno: la Valle dei Templi




Lasciamo Palermo. Due ore di pullman ci portano nel centro della Sicilia. Lungo il tragitto ammiro meravigliosi paesaggi collinari, con le onde scolpite nei millenni dal vento e dalle piogge. D’estate probabilmente è tutto secco, ma in primavera sono uno spettacolo della natura. Anche perché il verde dei campi è punteggiato dal giallo dei fiori di campo. C’è qualche finocchio selvatico, ma soprattutto acetosella a profusione che creano macchie di colore come pennellate di Van Gogh; qui li chiamano “aghirazzo” o “sucameli”. Ad un certo punto cominciano ad aprirsi panorami montuosi, con rocce ed il verde dei campi a fondersi tra loro. Ogni tanto compaiono anche piccoli paesi: alcuni non belli, altri fascinosamente arroccati su una collina. Che paesaggi favolosi, mi hanno sorpreso tantissimo. In queste zone attorno al Lago di Pergusa è avvenuto mitologicamente il ratto di Proserpina. Oramai siamo arrivati a destinazione.
4.1 Villa Romana del Casale




Nel cuore della Sicilia c’è la Villa Romana del Casale, la domus romana più grande mai scoperta; ben 4.000mq, nella zona di Casale, vicino a Piazza Armerina. Per dimensioni, probabilmente era un palazzo del III o IV secolo. Ma perché qui, in mezzo al nulla? All’epoca c’era un fiume navigabile fino al mare (a 20km) e qui passava la strada tra Catania e Agrigento. Insomma probabilmente era collegata meglio di oggi! Poi al tempo la Sicilia era il centro dell’Impero Romano, ponte verso l’Oriente e granaio di Roma. Continuò ad essere usata con Bizantini, Arabi e Normanni finché un cataclisma (terremoto o alluvione) coprì la villa. Ciò l’ha conservata fino a noi. Nell’800 un contadino realizzando un pozzo trovò i mosaici, ma solo dopo la guerra fu scavata realmente (anni ‘50). Furono ritrovati solo i pavimenti, mentre i muri sono stati costruiti per reggere le coperture. Doveva essere tutta affrescata.
Caratteristiche della Villa Romana del Casale




Sotto le coperture ammiri 3500mq di mosaici originali che rappresentano scene di vita romana; niente è stato aggiunto nei buchi. I realizzatori erano africani, come quelli del museo del Bardo a Tunisi; si stimano 54 marmi diversi usati, provenienti da tutto l’Impero Romano. La villa aveva ambienti privati e pubblici come la basilica: quindi si amministrava la cosa pubblica. Purtroppo non si sa nulla del proprietario; la ricchezza dei mosaici ha fatto ipotizzare che fosse un imperatore. Però le ville di campagna erano diffuse. Essendoci mosaici di animali esotici è probabile che li commerciasse. Comunque il proprietario era una persona importante ed aveva sicuramente un legame con Roma, vista la rappresentazione delle bighe del Circo Massimo. Alberto Angela dice che il suo posto del cuore. Pensa che la villa non è scavata completamente. Gli scavi anzi continuano e potrebbe essere il doppio! I 10€ di ingresso sono soldi ben spesi.
Visita della Villa Romana del Casale




La guida Rosario ci accompagna nella visita della Villa Romana del Casale. Partiamo dalle terme, con tanti ambienti tutti mosaicati; il frigidarium ha figure mitologiche del mare che ammiri da fuori. L’atrium coi resti di colonne è uno dei pochi ambienti esterni. Poi sali su camminamenti sospesi per non calpestare i mosaici: ottima idea, anche per ammirarli dall’alto. Non mi aspettavo che la villa fosse tutta coperta; hanno pure ricreato le architetture originali, come alcune semicupole. Il cuore della villa è il peristilio, retto da 32 colonne e una fontana al centro. Lo circondano mosaici con musi di animali selvatici, come se fosse un’atlante. Da qui accedevi a tutti gli ambienti, in particolare al Corridoio della Grande Caccia, spettacolare mosaico di 66x5m che parla del traffico di animali esotici tra Africa (a sinistra) e India (a destra); al centro davanti alla basilica, un uomo vestito di verde: probabilmente è il proprietario della villa! Celebre pure il mosaico delle ragazze in bikini, affascinanti ginnaste che praticano sport.
Uscendo all’esterno la guida bagna il mosaico di un orso: in un attimo spuntano i colori brillanti originali. Infatti tutti i mosaici sono coperti da una patina di polvere, che assieme alla luce bassa che filtra li rende giallognoli (soprattutto nelle foto). Gli ultimi ambienti sono nella parte alta della villa, con appartamenti privati con scene di vita quotidiana. C’è pure Ulisse e Polifemo. Ma i mosaici geometrici o figurativi sono tantissimi e tutti affascinanti. La Villa Romana del Casale è una meraviglia imperdibile. Vale la pena arrivare qui in un tour in Sicilia di 7 giorni.
4.2 Pranzo all’Agriturismo Gigliotto




Ripartiamo. Troviamo distese di fichi d’India a perdita d’occhio; qui li coltivano. In poco arriviamo all’Agriturismo Gigliotto, circondato da un angolo di Toscana: colline dorate coltivate, cipressi alti e muri con pietra a vista. Era un monastero del Trecento rimasto abbandonato che la famiglia Savoca ha recuperato negli anni ’90; prende nome dal feudo di Gigliotto, a cui apparteneva ed ha mantenuto la vocazione contadina di un tempo. Infatti l’edificio di fronte è il cuore dell’attività vitivinicola della Cantina Gigliotto Tenute.
Noi invece entriamo nel grande salone dell’agriturismo, dove ospitano eventi e festeggiano matrimoni. Qui pranziamo provando antipasti misti siciliani, partendo da salumi e formaggi. Portate a ripetizione; io ho adorato gli involtini di carne con asparagi. Poi arriva il primo piatto di ravioli al ragù di maialino nero dei Nebrodi; deliziosi: ho fatto il bis! Per finire alla grande, come dolce un cannolicchio alla crema e cassatelle alla ricotta.
4.3 La Valle dei Templi




Dopo paesaggi meravigliosi verso il mare celeste del Canale di Sicilia raggiungiamo Agrigento. La Valle dei Templi è una tappa imperdibile di un tour in Sicilia di 7 giorni.
Infatti in età antica la Magna Grecia arrivò fin qui. La poleis di Gela fondò Akragas nel 581 a.C.. Presto divenne più ricca della città madre, tanto che Pindaro la definì “la più bella città dei mortali”. Superò i 200.000 abitanti; pensa che ora Agrigento ne ha 55.000! Però nessuno abitò nella Valle dei Templi, perché era il quartiere degli dei di Akragas, quindi aveva solo templi. Raggiunse il massimo splendore nel V secolo a.C.; poi nel 210 a.C. i Romani la conquistarono rinominandola Agrigentum. Con le invasioni barbariche la città fu spostata in cima alla collina, dove è ora. I templi rimasero al loro posto, affascinando i viaggiatori del Grand Tour e fornendo materiale per le costruzioni, come Porto Empedocle.
Informazioni per la visita




La Valle dei Templi apre tutti i giorni dalle 8:30 alle 20. L’ingresso costa 10€ o 13€ col museo archeologico. Quanto tempo serve per visitarla? Dipende da te, ma almeno 3-4 ore se vuoi vederla bene. Infatti il parco è di circa 1300-1400 ettari e comprende numerosi templi. La maggior parte ne visita solo 5 della cosiddetta Collina dei Templi, uno in fila all’altro. Così faremo anche noi. Ma c’è pure la parte del quartiere ellenistico-romano col teatro recentemente scoperto. Se hai più tempo consiglio anche il Giardino della Kolymbethra, un agrumeto con 24 specie diverse recuperato dal FAI con ancora l’irrigazione originale araba; si estende a fianco del parco archeologico. Poi ovviamente in aggiunta hai la città di Agrigento, che sarà capitale italiana della cultura 2025.
Come ogni parco archeologico, puoi visitarlo liberamente leggendo i cartelli sparsi, ma è meglio avere una guida che ti spiega bene ogni cosa.
Visita della Valle dei Templi




Una cinta muraria di 12km con 9 porte proteggeva la Valle dei Templi. Noi passiamo dalla Porta V per salire sulla collina. Subito troviamo il Tempio di Castore e Polluce, con 4 colonne di un angolo ricostruite nell’800. La pietra gialla è piena di conchiglie fossili. Da qui godi la vista sul Giardino di Kolymbethra e Agrigento. Da lì sale un delizioso profumo di fiori di zagara. Vicino c’è il Tempio di Giove, lungo 113m; i pochi resti hanno creato dibattiti, ma è il tempio dorico più grande del mondo, più di quelli della Grecia. Stanno lavorando per innalzare un telamone di 7m, mentre l’altro (una copia) giace distesa poco lontano. Qui si scoprì che ai templi mettevano lo stucco bianco e venivano colorati! Fiori viola di viperina decorano il parco in primavera; poi scorgi vari tipi di ulivi e mandorli (alcuni monumentali): infatti il paesaggio ha grande pregio naturalistico.
Il Tempio della Concordia




Il più antico della Valle dei Templi è Tempio di Ercole, con 8 colonne allineate. Era lungo 6×15 colonne. Sono abbagliato dal sole basso controluce, così guardo sulla sinistra il mare dall’alto. Lo sbarco degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale avvenne qui vicino. Poco dopo c’è la Villa Aurea del capitano inglese che sponsorizzò gli scavi e visse qui nell’Ottocento. Nel giardino verdeggiante tante necropoli, le tombe dei primi cristiani. Ma io noto il profumo di zagara e le piante aromatiche ed esotiche, oltre ai cactus giganteschi che sono sculture naturali. Mi portano direttamente al Tempio della Concordia, quello meglio conservato; infatti nel VI secolo fu trasformato in chiesa cristiana. Le 33 colonne ocra splendono, baciate dal sole ormai basso. Sull’altro lato trovi la statua di Icaro di Igor Mitoraj; l’ultima luce del sole arancio si sposa col cielo blu sopra al tempio. Momento poetico!
Il tramonto dal Tempio di Giunone




In cima al rilievo davanti a te c’è l’ultimo tempio, il Tempio di Giunone. Lo raggiungi passando tra gli ulivi e altre catacombe scavate nella roccia sulla destra. Prima lo ammiro dal basso, immerso nella vegetazione mediterranea con le colonne verso il cielo. Poi dall’alto scatto foto fantastiche col tramonto sopra gli ulivi della Valle dei Templi ed il Tempio della Concordia che spunta. Entrambi questi templi hanno proporzioni identiche. Va detto che il nome di ogni tempio è incerto: furono attribuiti nel Cinquecento, perciò hanno il nome del dio romano e non greco. Giro attorno al tempio fino all’altare sull’altro lato per ammirarlo meglio; solo dopo ho letto che è vietato! Improvvisamente si accendono le luci che esaltano l’imponenza del tempio: che sorpresa fantastica! Le sfumature favolose del cielo rendono l’atmosfera magica! Una grande emozione, condivisa con un gatto sonnecchiante sulle rovine. Che meraviglia senza tempo, è imperdibile.
4.4 Cena da Caico




Per finire la giornata andiamo a cena da Caico Trattoria e Cantina, sempre ad Agrigento. Posto molto carino, con una parete totalmente riempita di bottiglie di vino. Forse è per quello che ci hanno riempito come delle botti (ancora!). Hanno portato 4 antipasti: caponata, polpo delizioso e baccalà con carote, poi strepitosa frittura di calamari piccoli e poi una pizza con grano antico, fatta con acqua di mare! Ma non è finita qui! Poi un primo piatto di pasta e un secondo di pesce. Insomma la Sicilia è vietata per chi è a dieta! Secondo me la pasta sapeva troppo di finocchietto selvatico. Il pesce invece era buono e tenerissimo, ma sono riuscito appena ad assaggiarlo. Volevano portarci anche il dolce… ma siamo scappati via!
4.5 Notte all’Hotel Baia di Ulisse




Poco lontano si trova l’Hotel Baia di Ulisse, dove dormiamo stanotte. Grande e lussuoso, ma un po’ triste e polveroso. Sarà che ad aprile è riaperto da poco, deve ingranare. Forse è per quello se durante la colazione della mattina il cappuccino ci ha messo tanto ad arrivare. Però stupenda l’atmosfera balneare e vacanziera che emana e si respira, anche per il mare che vedi dalla finestra. Quello mi ha ricordato i grandi hotel del viaggio nella Penisola Calcidica. Certo che quando sento il nome di Ulisse io penso ad Itaca!
5. 5° Giorno: Favara e Donnafugata




Altra giornata del tour in Sicilia di 7 giorni. Oggi l’itinerario on the road comincia dall’agrigentino, dove andremo a visitare un paese con un interessante progetto artistico: Favara. Da lì seguendo idealmente la linea di costa viaggeremo nel ragusano: prima faremo una degustazione con pranzo nella cantina Valle dell’Acate, poi proseguendo visiteremo il particolare Castello di Donnafugata. Terminata la visita, raggiungeremo il vicino Relais Parco Cavalonga per una cena e pernottamento circondati dal verde; non siamo lontani dalla punta sud-orientale della Sicilia.
5.1 Favara




Nei dintorni di Agrigento un breve tragitto ci porta a Favara. La avvistiamo sdraiata su una collina di fronte a noi, con la chiesa che svetta. Appena scesi è uno choc: Favara è trasandata. Case orrende ed a volte incompiute, pubblicità ovunque, caos e traffico, sporco per terra… anche vicino ad una bancarella di verdure sulla strada. Sembra di essere in Africa! Entrando nel centro storico di Favara raggiungiamo velocemente la piazza principale (Piazza Cavour); qui all’ombra degli alberi signori chiacchierano seduti sulla panchina ed un grande cane riposa al centro. Attorno ci sono edifici importanti come il Castello Chiaramonte e la chiesa del Santissimo Rosario; quest’ultima fuori è modesta, dentro risplende di barocco bianco con fantastici angeli di stucco d’ispirazione serpottiana. Le vie laterali nascondono angoli decadenti, ma affascinanti o scorci interessanti. Poi saliamo alla Chiesa Madre; è di fine ‘800, tutta bianca e poco significativa.
Il Farm Cultural Park




Ma Favara è un paese divenuto famoso per l’arte contemporanea. Non so cosa aspettarmi, visto che l’apprezzo poco. Attorno alla Chiesa Madre vedi angoli di paese con vita siciliana vissuta: gente che va dal panettiere e auto parcheggiate in angoli chiusi e decadenti. Se osservi bene trovi anche cortili con murales, porte colorate con frasi in siciliano, decorazioni stravaganti e strampalate, ma carine da ammirare. Arte povera di strada, come facce appese ad un muro, ricavate da barattoli di detersivi, che sono fioriere kitsch con occhiali e parrucche. Questo è il riflesso del progetto di rigenerazione urbana nato nel 2010 e chiamato Farm Cultural Park. Ideato dalla coppia di mecenati e collezionisti Andrea Bartoli e Florinda Saieva, ospita opere d’arte di artisti internazionali e mostre temporanee. Pensa che un blog inglese l’ha messo al 6° posto al mondo come destinazione per l’arte contemporanea, appena dopo New York! Incredibile vero?
Visita del Farm Cultural Park




Cortile Bentivegna si articola in 7 piccoli cortili labirintici nel centro storico, tutti decorati da stravaganti realizzazioni, come i pixel di Ligama o le complesse geometrie in legno del giapponese Kitagawara, che avevo già visto a Expo2015 e ad Arte Sella in Trentino. Ma poi ci sono piante, decorazioni varie e graffiti coloratissimi, come uno di contestazione a Putin (precedente alla guerra in Ucraina) e angoli perfetti per foto ricordo o selfie. Sorprendentemente mi è piaciuto! Il bello è che alcune case sono abitate, mentre in altre vengono ospitati artisti. Insomma, è pure un hub culturale! In un angolo decadente e provinciale di Sicilia invece si respira l’aria di un’atmosfera internazionale ai massimi livelli! Le sere d’estate sono particolarmente vivaci. Certo che se pulissero le strade di Favara da escrementi e rifiuti sarebbe meglio.
Nella parte alta a Palazzo Miccichè è protagonista il progetto Human Forest. Questo edificio abbandonato è stato riempito di enormi piante. Trovi pure installazioni dedicate a Greta Thunberg e salendo i piani hai una vista su Favara, ma non mi ha entusiasmato.
5.2 Cantina Valle dell’Acate




Due ore di tragitto ci portano tra colli con vigneti lungo il fiume Dirillo. In pochi chilometri ci sono 18 cantine! Noi raggiungiamo la più antica, arrivando in una corte agricola del ‘700. Cortile rustico (detto baio, dove avveniva la festa della vendemmia) con stipiti in pietra a vista, grandi ulivi decorativi e fiori; un grande cane sonnecchia: sembra il set di un film. Qui ora la cantina Valle dell’Acate produce 7 vini con 7 tipi di vite, con differenze di altitudine e posizioni. Dopo un piccolo giro nel vigneto di nero d’Avola entriamo nel palmento del 1903, usato fino a 45 anni fa; c’è la “pista”, dove l’uva veniva “pistata” (come dicono in siciliano) da donne e bambini. Canali scavati con perfetta pendenza portavano il vino nelle grandi botti sottostanti. Ora è un museo, dove facciamo una degustazione di 4 vini: dalla Zagra (vino bianco) a 3 rossi (il sorprendente Frappato, Cerasuolo di Vittoria e il Moro). Come accompagnamento un pranzo leggero con focacce e formaggio.
5.3 Castello di Donnafugata




Altro tragitto. Destinazione castello di Donnafugata, posto in una piccola via tra fiori di campo, vacche e qualche negozio turistico. Il castello in stile neogotico ha linee veneziane (per bifore e loggiato) e due torrioni circolari agli angoli. Era la dimora estiva della famiglia Arezzo de Spuches, realizzata su un terreno con torre e poche case comprato nel ‘600. Però questo luogo riflette l’esuberante e giocosa personalità del barone Corrado Arezzo de Spuches, protagonista dell’ultima ristrutturazione del castello a fine Ottocento.
Perché Donnafugata? Il nome deriva all’arabo: “sorgente di salute”, che si trovava in giardino. Ma piaceva raccontare la leggenda del conte che nel Quattrocento si innamorò della regina Bianca di Navarra, che non lo corrispondeva e scappò. Dopo un periodo di abbandono, il comune di Ragusa ha acquistato il castello, ristrutturandolo e aprendolo alle visite.
Visita del castello




Il piano terra del castello era per la servitù, gli altri due per la famiglia. Lo scalone seicentesco in pietra scura siciliana porta al primo piano, dove si svolge la visita del castello di Donnafugata. Ti sorprende: ha tante sale tutte differenti, ognuna con un colore dominante diverso; la prima ti colpisce subito l’azzurro lapislazzulo. Alcune sale sono dedicate ad un momento particolare; ad esempio la Sala dei Fumatori, con le pipe sotto lo stemma familiare sulla carta da parati. Tutte le sale sono decoratissime e colorate; la Sala della Musica e la Sala del Biliardo hanno vedute cittadine stupende, ad esempio, ma sono stupendi pure i soffitti affrescati e i lampadari in vetro. Favoloso il Salone degli Specchi che mi ricorda quello di Villa Panza a Varese. Nella torre circolare la camera da letto della contessa. Dopo incontri la bellissima Sala degli Stemmi, con 170 stemmi delle grandi famiglie siciliane sulle pareti; alcuni sono finti: il conte si divertiva a farli indovinare. Infine la biblioteca con 10.000 volumi.
All’esterno puoi salire sulla terrazza dove hanno girato tanti film come i Viceré o Montalbano. Le torrette regalano una bella vista, ma troviamo un terribile cielo grigio.
Il parco del castello di Donnafugata




Lo spirito burlone del barone Corrado emerge ancor più nel parco romantico, creato per stupire. Ad esempio c’erano finte tombe vuote ed una panchina aveva un getto d’acqua per bagnare le donne che portava qui. Ma il barone amava la botanica e le piante esotiche, come il gigantesco ficus all’ingresso. Il parco è di 8 ettari e ha 1500 specie botaniche diverse. È diviso in 3 parti: un giardino all’inglese, uno alla francese ed il giardino alla siciliana, rustico e con frutteti e piante aromatiche. Sparsi qua e là vedi tanti monumenti, spesso repliche di ciò che vide nei suoi viaggi; coffee house in stile inglese, una finta grotta, un tempietto ionico con 8 colonne. Il più bello però è il labirinto, identico a Hampton Court di Londra; è in pietra, ma aveva rose che lo rendevano ancora più alto. Entrando, più avanzi e più i muri crescono; ma le svolte sono solo due, per cui è difficile perdersi.
Il giardino è bello, ma un po’ trasandato. Lo stanno recuperando, come dimostrano le siepi basse del giardino francese: si vede che sono appena piantate. Però ci sono fontane senza acqua: c’è ancora tantissimo da fare.
5.4 Cena e notte al Relais Parco Cavalonga




Sempre nel territorio di Donnafugata c’è il Relais Parco Cavalonga, completamente immerso nel verde. Se cerchi il relax è il posto perfetto. Ha camere enormi, ma sembra un po’ triste. Sarà anche per le nuvole grigie che hanno accompagnato tutto il nostro pomeriggio (ancora!).
Qui ceniamo con zuppa di fave (macco in Sicilia) come antipasto, ravioli di sapori misti alla crema di pistacchio ed involtini di pesce spada all’arancia con contorno di insalata d’arancia. Per terminare alle grande, come dolce un cannolo scomposto. Le porzioni sono piccole, ma visto quando abbiamo mangiato nei giorni scorsi va benissimo così. Con tutta quella natura attorno, la notte è stata tranquillissima e silenziosa.
6. 6° Giorno: Noto e Siracusa




Altra giornata, altre meraviglie. Oggi andiamo finalmente a scoprire una parte della Sicilia che desideravo visitare da anni: la Val di Noto. Anzi, si dice il Val di Noto, al maschile; infatti non vuol dire valle, ma è una ripartizione araba della Sicilia in tre parti. In questa zona il 9-11 gennaio 1693 un devastante terremoto distrusse 45 città e paesi. Lì nacque il Barocco Siciliano, nella vasta area del sud-est della Sicilia che va da Caltagirone a Catania. Data la meraviglia, il Barocco Siciliano è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. I posti da visitare sarebbero tanti: Modica, Scicli e Ragusa Ibla sono magnifici centri barocchi da vedere in Sicilia. Noi per questioni di tempo ci concentriamo sulle due perle più grandi: Noto e Siracusa.
6.1 Le caratteristiche del Barocco Siciliano




Prima cosa da sapere: il Barocco Siciliano è tardo, ha caratteristiche uniche ed è diverso dal barocco precedente che ammiri a Palermo. Infatti architetti e capomastri vennero lasciati liberi per ricostruire velocemente, per cui reinterpretarono innovando il barocco spagnolo in un’epoca dove altrove si sviluppava il Neoclassicismo. Facciate curve e convesse, campanili frontali per dare slancio, scalinate imponenti, balconi aggettanti nei palazzi per far guardare le famiglie all’esterno, mensole con animali e facce. Quindi grande importanza all’esteriorità dei monumenti, a differenza di Palermo dove sono abbastanza semplici. Tutto ciò perché spesso gli architetti erano artigiani, quindi esperti di decorazioni dettagliate e complesse. Per paradosso, gli interni intricati del barocco palermitano (si pensi alla Casa Professa) qui non ci sono: nelle chiese dominano il bianco e gli spazi vuoti, con altari, stucchi, pochi dipinti e solo la zona dell’abside ampiamente decorata. Praticamente è il contrario del consueto stile barocco!
6.2 Noto




Noto fu una delle città più colpite dal terremoto. Perciò si decise di abbandonare Noto Antica sul Monte Alveria per costruire da zero una nuova città, sulle pendici della collina del Meti. Dal 1703 al 1770 fu tutta un cantiere, che ci ha lasciato un risultato eccezionale. Infatti Noto è la città perfetta del barocco. Ha pianta ortogonale, con tutti gli edifici più importanti realizzati su corso Vittorio Emanuele; nelle due parallele trovi i palazzi nobiliari da una parte, il popolo dall’altra. Per la bellezza, qualcuno ha definito Noto un “giardino di pietra” o “città dorata”; infatti la pietra locale giallastra fu usata per costruire tutti gli edifici. Questo senso omogeno è ciò che ti sorprende di più! E poi i dettagli meravigliosi e le scenografiche scalinate, esaltate dal terreno in pendenza.
Cosa vedere a Noto




La visita di Noto parte dalla Porta Ferdinandea (o Porta Reale), trionfale arco d’ingresso ottocentesco della città. Qui inizia corso Vittorio Emanuele e gli edifici in pietra chiara. Su questo viale si aprono 3 piazze, che ampliano improvvisamente gli scorci; la prima è dopo pochi passi: Piazza dell’Immacolata. Qui c’è una fontana, ma lo sguardo va all’angolo formato dal campanile del convento delle benedettine e la chiesa di San Francesco all’Immacolata, in cima ad una monumentale scalinata. La facciata è incompiuta, senza statue; dentro è tutta bianca, con un’importante statua lignea della Madonna nell’abside. Tra carretti ambulanti e negozi pittoreschi prosegui e trovi sulla sinistra la chiesa di Santa Chiara. Stavolta eccezionalmente l’esterno dice poco, ma l’interno è una rara bellezza barocca con affreschi e pianta ovale; c’è pure una scultura in marmo di Antonello Gagini; la Madonna sembra una ragazza del popolo.
Piazza Municipio




Poi scenograficamente appare la Piazza Municipio, con la meravigliosa Cattedrale sull’ampia scalinata a destra. La fronteggia Palazzo Ducezio. Prende nome dal re dei Siculi che fondò l’Antica Noto ed era il palazzo del Senato, ora Municipio. Ha un’architettura compatta di soli due piani, con un portico con scalinata che gira tutt’intorno fino alla facciata convessa. La parte superiore fu aggiunta negli anni ’60; dentro conserva la sorprendente Sala degli Specchi in stile Luigi XV, ovale con ori e stucchi.
Ovviamente la Cattedrale di San Nicolò è imperdibile. La facciata ha due torrette ma è incompleta, senza statue. Salgo la scalinata a tre rampe e vado a visitarla. Era il simbolo della ricostruzione di Noto; fu il primo edificio edificato in città; la pietra chiara è tenera e facile da lavorare, ma è soggetta a degrado che rende Noto fragile. Difatti nel 1996 la cupola e la navata crollarono. Il lungo restauro è terminato nel 2007, decorando la cupola con affreschi del madonnaro russo Oleg Supereko (apprezzati anche dal papa). La cattedrale dentro è piuttosto spoglia, con bianco quasi ovunque. Spiccano alcune cappelle laterali e proprio i vividi affreschi contemporanei della cupola e dell’abside.
Sulla piazza si affacciano anche il Palazzo Vescovile ed altre chiese.
Via Cavour e Palazzo Nicolaci di Villadorata




Raggiungiamo via Cavour, costellata da palazzi nobiliari; non sai dove guardare: barocco ovunque! Facciate e balconi, portali, scalinate che portano nella parte alta di Noto, dove apprezzare super panorami. Palazzo Trigona è il più notevole. Noi però arriviamo alla chiesa di Montevergine con facciata concava; è scenograficamente in cima a via Nicolaci, dove spunta un altro gioiello di Noto: Palazzo Nicolaci di Villadorata. Un tonnaro (o rais) arricchitosi comprò il titolo di principe. A metà strada tra la via della nobiltà e la piazza della Cattedrale, l’architetto Labisi si ispirò ad un palazzo di Montpellier. È famoso per i 6 balconi con mensole ornati da faccioni e figure mitologiche; sognavo di vederli! Balconi ampi, ringhiere panciute e foglia d’acanto a profusione, con mascheroni meravigliosi. Anche l’interno è fastoso; l’ingresso costa 4€. In questa via in salita a maggio viene allestita l’infiorata di Noto: un coloratissimo tappeto di fiori e foglie.
Il Caffè Sicilia e la chiesa di San Carlo al Corso




È vero che Noto è molto turistica, ma allo stesso tempo regala scorci caratteristici e magnifici; uno dei più affascinanti è quello dei tavolini del Caffè Sicilia, coi camerieri con divisa retrò. Reso famoso da una trasmissione tv, qui ho preso un cannolo strepitoso. Inoltre puoi salire su tanti campanili e chiese per ammirare il panorama; ho visto alcune persone sulla suddetta chiesa di Montevergine, ma io scelgo la chiesa di San Carlo al Corso che regala una super vista su Piazza Municipio al costo 2€. Domini tutta la piazza dall’alto, con la Cattedrale di fronte; i passanti sembrano formiche. Inoltre l’interno della chiesa è abbellito da affreschi.
Vicina trovi anche la notevole chiesa di San Domenico, ma per noi è finito il tempo: dobbiamo proseguire il nostro tour in Sicilia di 7 giorni. Però il colore dorato e uniforme di Noto rimane indimenticabile.
6.3 Siracusa




Il viaggio sta per concludersi, ma manca un’altra meraviglia imperdibile della Sicilia: Siracusa. Qui visitiamo il Parco Archeologico della Neapolis e poi Ortigia, entrambe Patrimonio Unesco dal 2005. Ma visto che è ora di pranzo e la pancia brontola, ci fermiamo a mangiare al Ristorante Momento, con vista eccezionale sugli scavi archeologici. Hai davanti un colle roccioso, con una zona verde ai piedi. Il pranzo è buono ed abbastanza leggero, aperto dai consueti vari antipasti siciliani (con caponata onnipresente: è come il vitello tonnato in Piemonte!). A seguire mi è piaciuto tanto il filetto di pesce. Alla fine sono arrivati 3 piccoli dolci, tra cui il tiramisù scomposto ed un cannolo. Come finire un pranzo in bellezza (e dolcezza!).
Parco Archeologico della Neapolis




Siracusa fu una delle città più importanti dell’antichità: dominò su gran parte della Sicilia e del Mediterraneo. Ammiri le vestigia di quell’epoca gloriosa nel Parco Archeologico della Neapolis. Infatti nel massimo sviluppo dall’originario insediamento sull’isola di Ortigia la città si estese nell’entroterra, creando praticamente una città nuova: la Neapolis. Questo parco archeologico creato nel 1955 raccoglie tutti i resti antichi di Siracusa, anche disparati tra loro: necropoli, altari, l’anfiteatro romano, la cosiddetta Tomba di Archimede ed ovviamente il teatro greco e le latomie che rendono celebri Siracusa. Essendo enorme (240.000mq), noi ci concentriamo solo su quest’ultimi due. Però la prima cosa che noti entrando nel parco… è il parco! Ovvero la natura che avvolge i sentieri: vegetazione mediterranea col profumo di zagara degli agrumi portato dal vento; trovi alberi di carrubo e arbusti come origano e mirto che fanno ombra e si alternano ai fiori di hibiscus. Davvero sorprendente.
Le Latomie




Nella roccia del colle si aprono caverne. Infatti le latomie erano cave dove estrarre pietra per costruire Siracusa, fin dall’antichità. Sono numerose: alcune naturali, altre artificiali; la più famosa e grande è la Latomia del Paradiso. Si suddivide nella Grotta dei Cordari, dove dal medioevo fino al Novecento lavorarono la canapa, e Grotta del Salnistro, usata come rifugio nella Seconda Guerra Mondiale. Segni degli scalpelli degli schiavi sulle pareti, con colore rossastro dovuto al sale marino. Gocce d’acqua cadono dall’alto, ma l’acqua sale anche dal basso, formando un laghetto tra le grotte. In alcuni punti trovi aperture precise, dove estrassero i blocchi di pietra. Da non perdere l’Orecchio di Dionisio, apertura di 20 metri scavata dagli schiavi. Caravaggio gli diede il nome per l’eccezionale acustica: secondo la leggenda così il tiranno ascoltava i discorsi dei suoi prigionieri. C’è l’ipotesi che funge da cassa di risonanza del teatro, costruito sopra.
Il Teatro Greco




Salendo i gradini arrivi in cima al rilievo, dove trovi il Teatro Greco del V secolo a.C.; coi suoi 138m di diametro, era tra i più grandi dell’epoca antica. Ti accorgi subito che la pendenza è dolce, non stretta e ripida come quello di Taormina. È scavato nella roccia viva, con 67 gradinate. Però la cavea è spelacchiata e spoglia: infatti nel 1523 l’imperatore Carlo V usò i blocchi di pietra per fortificare Siracusa. Poi nel Seicento 3 mulini furono costruiti nel teatro, rovinandolo; furono distrutti nell’800.
I commediografi greci Eschilo, Sofocle e Euripide rappresentarono qui le loro opere. Allora il teatro aveva funzione educativa e religiosa: portava alla catarsi (purificazione) e tutti dovevano partecipare. Ma tuttora si svolge la stagione teatrale in estate; infatti abbiamo visto operai al lavoro, creando sedute in legno e allestendo la scena con un grande un tubo “industriale”. Non certo una vista idilliaca!
Ortigia




La crisi dovuta alle invasioni barbariche fece ridimensionare la città: i dintorni divennero campagna e Siracusa tornò a coincidere con Ortigia. Fino all’Ottocento fu un forte militare chiave nel Mediterraneo (e perciò coinvolto in molte guerre). L’espansione del ‘900 si è rimangiata quegli spazi naturali, creando una consueta città moderna. Il canale della Darsena segna lo stacco verso Ortigia, con belle viste sui palazzi sul mare dai due ponti. La razionalizzazione in epoca fascista e la seguente urbanizzazione; il Novecento ha cambiato il volto anche di Ortigia, ma è rimasta uno scrigno di bellezza dal fascino antico. Furono abbattute anche le altissime mura spagnole; perciò i resti della Porta Urbica che vedi subito a destra sono le antiche mura dionisiache, scoperte per caso negli anni ‘70.
Giro per Ortigia




Subito dopo arrivi in Largo XXV Luglio, animata piazza dall’atmosfera affascinante. C’è un viavai di gente con musica proveniente da un mandolino, suonato da un uomo su una panchina segnato dal sole siciliano. Davanti a te i resti del Tempio di Apollo (Apollonion): è il tempio più antico della Sicilia, con colonne monolitiche enormi! Erano pensate come tronchi d’albero, una sorta di passaggio dal legno alla pietra. Divenne chiesa coi bizantini, poi moschea con gli arabi ed infine caserma con gli spagnoli: perciò si è preservato. Da lì prendiamo Corso Giacomo Matteotti, sventramento fascista: difatti è largo e diritto e trovi edifici in stile razionalista. Sulla destra si apre via Cavour, l’antica via principale di Ortigia, stretta e lunga; è super pittoresca, con negozi che si susseguono, piante, cose appese tra le vie, brutti cavi e sorprendenti vie laterali. In un attimo sembra di entrare in un altro mondo! Girando ancora a sinistra troviamo Piazza Archimede con la Fontana di Diana al centro; spazio aperto nel 1872, ma si affaccia sul trecentesco Palazzo Mergulese-Montalto.
Piazza Duomo




Anche a Siracusa il terremoto del 1693 provocò danni, ma non devastanti. Perciò si decise di costruire sulle parti che avevano resistito. Fece molti danni però nel cuore di Siracusa; infatti Piazza Duomo fu ricostruita in meraviglioso stile barocco; lì solo due palazzi furono salvati. Imponente nella via stretta, Palazzo Chiaramonte apre Piazza del Duomo. Segue il notevole Palazzo Beneventano del Bosco, con magnifico portale; di fronte campeggia il Municipio di Siracusa. Invece sul fondo spicca l’alta facciata della Chiesa di Santa Lucia intra moenia, primo edificio completato, in soli 9 anni. Qui c’era il dipinto “Seppellimento di Santa Lucia” di Caravaggio che ho visto a Rovereto, prima che tornasse alla chiesa originaria nella moderna Siracusa. La favolosa piazza circondata da edifici in pietra chiara è coronata dal Duomo di Siracusa. La pietra splende al sole, con le colonne che infondono movimento e verticalità. L’interno invece è cupo, visto che si è preservato, come dimostrano le 9 colonne originarie del tempio di Atena del V secolo a.C.! Ci sono anche piccoli mosaici normanni, mentre il lato destro è decorato da sontuose cappelle, come quella di Santa Lucia e del Santissimo Sacramento. Qui emerge lo stile barocco.
La Fonte Aretusa e giudizio su Siracusa




Gatti riposano al sole in fondo alla piazza allungata; lì prendendo via Pompeo Picherali arrivi alla sorprendente Fonte Aretusa, una sorgente d’acqua dolce accanto al mare. Perciò era importantissima: ad esempio l’ammiraglio inglese Orazio Nelson si rifornì qui prima di andare in Egitto. Prende nome da una ninfa mitologica e crescono i papiri, con le loro strane foglie sfrangiate; è l’unico luogo in Europa! Alcune oche dormono alla loro ombra: che angolino suggestivo! Infine siamo tornati indietro, seguendo il lungomare. Speravo di arrivare fino al Castello Maniace sulla punta, ma era finito il tempo.
Comunque da Siracusa mi aspettavo tantissimo: mi avevano detto che è più bella di Noto. Sicuramente merita una visita più approfondita per apprezzarla e capirla meglio. Però ad Ortigia pensavo di trovare una via trionfale ed impeccabile, senza palazzi brutti; invece c’è tutto il contrario. Questo mi ha sorpreso (e abbastanza deluso).
6.4 Apericena all’Etnea Roof Bar




Ultima tappa del nostro tour della Sicilia di 7 giorni è Catania, che raggiungiamo in serata. Per mangiare ci aspetta un luogo esclusivo: l’Etnea Roof Bar & Restaurant, terrazza dell’UNA Hotel Palace dove facciamo un aperitivo con vista. Infatti si trova proprio sulla via Etnea, la via principale di Catania. Perciò dalla terrazza hai un panorama fantastico: da un lato hai la Cattedrale e il Palazzo Arcivescovile, dall’altro l’Etna fumante. Ora che è l’ora blu, si vede la silhouette del vulcano nell’oscurità. Sul cornicione piante grasse circondano la terrazza creando un bel contrasto. È pure un luogo romantico.
Qui facciamo un’apericena con diversi stuzzichini siciliani, che ormai conosciamo bene. Un mini arancino appena sfornato mi ha ustionato la lingua! Ciò nonostante, l’ultima serata del viaggio in Sicilia è stata piacevole.
6.5 Notte al Romano Palace Luxury Hotel




Il Romano Palace Luxury Hotel si trova fuori dal centro e vicino all’aeroporto, di fronte al mare. Il giardino bellissimo ha piante esotiche e fiori, che circondano anche la piscina. Gli edifici sono solo di due piani: perciò prevale la natura. Dentro l’arredamento ha un gusto spiccatamente orientaleggiante che si fonde a quello moderno: mobili in legno, statue, porte dipinte con disegni del Lontano Oriente o India. Sembra sontuoso, ma è un po’ vecchio: in camera le prese elettriche erano introvabili! Ho dovuto spostare la tv per caricare il cellulare. I servizi sono buoni, ma dato il livello mi aspettavo di più. Però sarà la stanchezza, ho dormito come un angioletto.
7. 7° Giorno: Catania




Ultimi attimi del tour in Sicilia di 7 giorni. Oggi abbiamo metà giornata a disposizione prima del volo e visitiamo Catania. Raggiungo il centro storico in taxi e trovo la città particolarmente caotica e sporca, più della mia prima visita di Catania. La spiegazione deve essere il ponte che ha attirato molti turisti. Il nostro tempo è poco, per cui decidiamo di fare una passeggiata tra le principali bellezze della città.
7.1 Catania




Questa mattina Piazza del Duomo è già affollata. Al centro spicca la bella Fontana dell’Elefante, simbolo di Catania. Davanti si “specchia” nella facciata barocca in pietra lavica della Cattedrale di Sant’Agata di Catania dell’architetto Vaccarini (come la fontana). All’interno la basilica è maestosa, ma spoglia; da segnalare la Cappella della Madonna ha resti di sovrani aragonesi, mentre nel secondo pilastro della navata ammiri la tomba di Vincenzo Bellini.
Uscendo a fianco hai la Badia di Sant’Agata, capolavoro barocco sempre di Vaccarini; lui contribuì fortemente alla ricostruzione di Catania dopo il terremoto del 1693. Puoi salire sulla cupola della chiesa per una super panorama con 5€. Noi però passando accanto alla Fontana dell’Amenano raggiungiamo la Pescheria, il mercato del pesce. Qui Catania è ancora più caotica: tanta gente, urla, profumi e merci ovunque, tra i banchi all’aperto. Stupenda la pittoresca strada con ombrelli colorati appesi, divenuta celebre su Instagram.
La Via Etnea e gli arancini




Passeggiamo a zonzo. Osserviamo via Crociferi, maestosa strada con tante chiese barocche; poi raggiungiamo Piazza Università per imboccare la via Etnea, strada principale di Catania. La percorriamo tutta con l’Etna davanti, superando Piazza Stesicoro con le rovine dell’Anfiteatro Romano. Così arriviamo da Spinella e Savia, i due venditori di arancini più famosi di Catania; sono uno accanto all’altro. Un arancino costa 2,50€ e ti sazia: lo street food della Sicilia è eccezionale! Non resisto: mangio un arancino a Villa Bellini, parco con vegetazione tropicale. Qui trovi pace e verde sorprendente, che forma un orologio o la data esatta del giorni (come a Finale Ligure); in alto il bel Chiosco della Musica in ferro battuto.
Comunque Catania non è bellissima come Palermo, ma ha delle chicche eccezionali da scovare come Palazzo Biscari. Le ho raccontate qui. Ma è stata la giusta conclusione del viaggio in Sicilia. Tour indimenticabile (meteo compreso).
Ti è piaciuto il mio tour della Sicilia di 7 giorni? Spero di sì e che ti possa ispirare un viaggio in Sicilia.
Se avessi domande o commenti scrivili sotto. Seguimi sui miei canali social 😉
Per approfondimenti ti consiglio i siti ufficiali di Visit Sicily https://www.Visitsicily.info e Regione Sicilia https://www.regione.sicilia.it/istituzioni/regione/strutture-regionali/assessorato-turismo-sport-spettacolo
Parlo più dettagliatamente dell’escursione sull’Etna qui.
Ma che meraviglia!!! Un viaggio da sogno Ma sei riuscito a fare tutto questo in sette giorni?
Grazie davvero
Ma che meraviglia! Un viaggio da sogno
Ma sei riuscito a fare tutto questo in sette giorni? Avevi una guida?
Grazie Felicia, hai visto che bellezze? Il tour era organizzato, per cui avevamo un pulmino che ci portava ovunque, con una guida sempre pronta a spiegarci quando arrivavamo. Insomma non c’erano tempi morti. Comunque sì, tutto ciò che ho descritto è ciò che ho visto in un solo viaggio ad aprile. E pensa che io avrei voluto vedere anche qualcosa di più, accelerando un po’ il ritmo; ad esempio a Palermo abbiamo visitato pochissimo. È stato comunque intenso: se andassi da solo farei la Sicilia orientale o quella occidentale (tenendomi il resto per un altro viaggio.
Beh! Come prima volta un tour organizzato può andare bene. Io ci sono stata ma non ho visto tanto. Ho beccato l’ allerta meteo e pioveva tantissimo! Comunque ancora complimenti per l’ articolo e le foto😊🖐
Che sfortuna andare in Sicilia è trovare la pioggia! Parlo con cognizione di causa, visto che ne ho presa tantissima anche in questo tour. Però le foto non lo dimostrano… Grazie ancora, sei gentilissima
Grazie a te Simone