Ho già raccontato il mio tour nelle Langhe, Monferrato e Roero. Non era completo: è durato un giorno in più, andando oltre rispetto a Camerana e Castelnuovo di Ceva. Infatti abbiamo fatto una bellissima escursione in Piemonte, trascorrendo un giorno in Alta Val Tanaro, dove le colline dolci e piene di vitigni delle Langhe sono già un ricordo. Il paesaggio è montuoso e la Liguria è praticamente ad un passo; ma pure la Francia è molto vicina. È stato un punto di passaggio chiave nei secoli: Napoleone attraversò questi territori nella 1° Campagna d’Italia dopo esser passato dal Col di Tenda. Quindi sono luoghi ricchi di storia e fascino, circondati dalla natura e dai monti, che da sempre risentono del mix culturale tra Liguria e Piemonte. Mi hanno sorpreso molto: ti racconto la mia giornata in Alta Val Tanaro tra Ceva e Ormea.
- Il Rifugio la Pavoncella
- Ceva
- Pranzo al Rifugio Mongioie
- Ormea
Un giorno in Alta Val Tanaro
1. Il Rifugio la Pavoncella




L’ultima notte abbiamo dormito al Rifugio La Pavoncella. Nonostante il nome, si trova in piano, anche se isolato rispetto ai centri abitati come Camerana. È un posto conosciuto per il ristorante “Il Rifugio della Bistecca”, che attira clienti da mezzo Nord Italia per mangiare la sua carne alla brace. Vengono anche da Bergamo e Piacenza! Il proprietario ci ha raccontato che da venerdì a domenica mattina hanno avuto 600 clienti. Parte del successo proviene dai video messi su Instagram e la geniale campagna di marketing “braciami ancora”. Per motivi etici, usano solo vacca vecchia (che ha più di 10 anni) e non i vitelli.
Uno dei punti di forza è anche il vino illimitato: la spillatrice è fissa sul tavolo e puoi berne quanto vuoi! Perciò qui c’è un addio al nubilato al giorno!! È il posto perfetto per festeggiare!! All’esterno c’è pure il Country Grill Village usato per gli eventi: lì mangi con self service o grigli da te.
Poi hanno bici e cavalli e altre attività outdoor per chi ama quel genere di divertimento nella natura. Qui puoi dormire anche nel bungalow o nell’area campeggio, oltre alle camere vicine al ristorante dove abbiamo dormito noi.
Beh… sarei stato curioso di assaggiare una bistecca, ma è mattina e noi saliamo sul pulmino.
cosa vedere in alta val tanaro
2. Ceva




Il nostro tour in Alta Val Tanaro parte da Ceva, piccola città da sempre a cavallo tra Piemonte e Liguria. Infatti siamo in Piemonte, ma si può raggiungere facilmente la Liguria; lo stesso mare in inverno mantiene il clima più mite. Come ogni zona di confine, noti un mix culturale: ad esempio c’erano palazzi in stile ligure con decorazioni esterne dipinte bianco e nere, ma realizzate in mattoni come tipico del Piemonte; tuttora i colori pastello sono simili a quelli caratteristici della Liguria.
È posta in un punto strategico, nella piana dove il torrente Cevetta incontra il fiume Tanaro; così è sempre stata protetta in modo naturale; ma data l’importanza i Genovesi (proprio loro!) nel Cinquecento vollero una rocca costruita sul monte sovrastante, per proteggersi dai francesi; i Savoia la modificarono più volte, tenendola aggiornata nelle tecniche militari. Insomma Ceva era un punto chiave tra Piemonte e Liguria, nell’Alta Val Tanaro.
2.1 Storia di Ceva




Fin dalla preistoria tribù liguri si instaurarono qui. Il momento di gloria fu nel Medio Evo, quando nel XII secolo Ceva fu sede di uno dei marchesati aleramici; controllava un territorio vasto con 40 castelli e ebbe grande prestigio; vennero costruiti palazzi nobiliari, edifici pubblici, le mura con ben 8 porte… e si emetteva pure moneta! Ma il marchesato rimase indipendente per poco: già nel 1292 il signore vendette il territorio al vescovo di Asti per avere soldi per difendersi nelle faide familiari. Così segui le sorti di Asti, perdendo ogni parvenza di indipendenza con l’assoggettamento ai Savoia nel 1535.
Con Carlo Emanuele II divenne capoluogo di provincia; ma Ceva rischiò di essere distrutta durante le guerre napoleoniche: la fortezza che sovrastava la città era un grosso problema per i francesi; le loro rapide manovre nella Battaglia di Ceva nel 1796 fecero fuggire la guarnigione, salvando Ceva. Vista la resistenza locale contro l’occupazione, Napoleone decise di distruggere la rocca che era simile all’attuale fortezza di Gavi; stessa sorte toccò ad altre fortificazioni fastidiose, come quella di Bard.
Con l’arrivo della ferrovia nell’Ottocento si svilupparono le industrie (in particolare quella tessile), ma Ceva divenne una città periferica, quasi addormentata nel suo passato importante.
2.2 Cosa vedere a Ceva




Arrivando a Ceva vedi brutti condomini affacciatati sul torrente Cevetta nascondono la parte antica della cittadina. Un ponte era l’ingresso al borgo, mentre sulla riva opposta c’era il convento di San Francesco con chiesa a tre navate; ne rimane solo una lunetta con la Madonna con Bambino e due santi realizzata da Rufino d’Alessandria nei primi decenni del 400. È l’unica traccia medievale rimasta a Ceva e la trovi giusto dietro un’edicola.
Attraversiamo il ponte decorato dai fiori e procediamo su via Umberto I: un palazzo ingloba una loggia cinquecentesca con due medaglioni affrescati con Scipione l’Africano e Gneo Pompeo, probabilmente da Pietro Dolce. Restaurando l’interno é emersa una volta gotica in chiaroscuro con allegorie delle arti.
Piazza Vittorio Emanuele II




L’arco sotto ti porta nel cuore di Ceva: Piazza Vittorio Emanuele II, la piazza maggiore; è una sorpresa improvvisa, peccato solo per le auto parcheggiate ovunque! Qui da 700 anni si svolge la vita pubblica della città e si affacciavano le case delle famiglie più importanti. Spicca l’aspetto sabaudo e austero del Palazzo di Città, costruito nell’Ottocento col piccolo orologio sulla facciata; ancora ospita il Municipio. Il resto della piazza invece ha un fascino antico, come rappresenta la Casa dello Zodiaco coi segni scolpiti nella facciata in mattoni; sulle prime finestre si affacciava il Marchese: era il palazzo di Giustizia. In un altro palazzo nel 1796 si affacciò Napoleone e poi papa Pio VII nel 1809; insomma qui si respira la storia! Posto affascinante, ma al contempo poco curato, quasi trasandato: lo dimostrano i tanti cartelli “vendesi”.
Sono tanti i punti focali da osservare: in un angolo trovi la chiesa dell’Arciconfraternita di Santa Maria e Santa Caterina, costruita nel ‘700 dopo un’alluvione che cancellò gli edifici precedenti; il progetto di Guarino Guarini con facciata in mattoni non partì mai; così chiamarono Francesco Gallo che nel 1735 realizzò questa chiesa di stile tardo barocco in mattoni.
Via Carlo Marenco




Oltrepassando un altro arco, ecco la via principale, via Carlo Marenco: sotto ai palazzi colorati sorgono portici e negozi, dove la gente passeggia oppure si siede sulle panchine a leggere il giornale. Regala scorci stupendi, come il Duomo che appare sul fondo a destra. I palazzi sono splendidi e antichi; per certi versi ricorda il centro di Genova. Molti negozi sono chiusi (è lunedì), ma il loro aspetto retrò con ingressi in legno è molto affascinante.
Invece camminando verso sinistra improvvisamente lo spazio si apre: siamo su un ponte sul torrente Cevetta dove fiori e case affacciate sull’acqua regalano ispirazione fotografica; ma come a Chiavenna la vista coglie troppi brutti condomini che spuntano.
Il Duomo




Ripercorriamo la via al contrario per giungere al Duomo, noto anche come Collegiata della Beata Vergine Assunta. La facciata bianca e gialla in stile neoclassico svetta su una scalinata; non farti ingannare: dentro è in stile barocco, anche se fu concluso solo nel 1804. La solarità dell’esterno contrasta con l’interno dove domina il cupo rosso scuro/marrone. L’unica navata ha 4 cappelle per lato riccamente decorate; in una c’è una bellissima statua della Madonna del ‘400 in stile francese/fiammingo. Il Duomo non è eccezionale, ma sicuramente merita una visita.
La Cittadella




Svoltando in via Pallavicino trovi uno scorcio che mi ricorda la Liguria o la Provenza: infatti dove c’è una casa arancione la strada si biforca e quella a sinistra comincia a salire in modo deciso; è la Salita al Castello, un punto che domina la cittadina. Qui trovi il castello di Ceva… anzi 2! Il Castello Rosso e il Castello Bianco, che sembrano luoghi del Trono di Spade, ma in realtà sono palazzi dei marchesi Pallavicino di Ceva e Priola. Qui nacque l’abitato di Ceva nell’XI secolo; quando i Savoia distrussero il castello sorsero questi due palazzi. Sono tuttora privati e quindi difficilmente visitabili: anche noi che avevamo un appuntamento siamo rimasti fuori! Comunque puoi osservarli dal cancello sotto la torre: davanti c’è il Palazzo Rosso, a metà il Palazzo Bianco e la cappella marchionale del Santo Crocifisso con cupola tonda sul fondo.
Il Teatro Carlo Marenco




Un gioiellino eccezionale di Ceva è il Teatro Carlo Marenco, che imita molto in piccolo il Teatro Carignano di Torino. È in stile neoclassico, può ospitare 250 spettatori ed è particolarmente ben tenuto (anche per i restauri recenti). Ti sorprende: non ti aspetti di vedere un posto così in Alta Val Tanaro! La forma a ferro di cavallo, il grande lampadario di cristalli che dal basso sembra un fiore, il colore rosso avvolgente, i nomi dei grandi autori scritti sulla platea… Anche se guardando i dettagli ti accorgi che non è meraviglioso come ad esempio di Teatro Bibiena di Mantova: del resto questo è stato costruito in soli due anni!
Splendido che ci abbiano fatto trovare l’attore Fabio Fassio che ha recitato pezzi di Carlo Artuffo in piemontese (anche se da lombardo pensavo di capirci di più).
La Torre del Campanone e la Panchina Gigante




Terminiamo la visita di Ceva riprendendo il pulmino per salire su un’altura che sovrasta la cittadina; non dove ci sono i resti del Forte di Ceva, ma di fronte. Qui vediamo la Torre del Campanone; era la porta di accesso da sud tra le mura medievali, ma ora è isolata e trasformata nel Settecento in Torre dell’Orologio nel lato verso la cittadina. L’ho inquadrata attraverso delle balle di fieno. Certo che è piccola e modesta rispetto al Campanone della mia Bergamo!
Pochi passi e c’è un belvedere che regala un panorama meraviglioso su Ceva: è praticamente ai tuoi piedi! Proprio per goderselo qui è stata posizionata la Panchina Gigante numero 28, in giallo canarino; fa parte del Big Bench Community Project che ha realizzato 189 panchine giganti, soprattutto in Italia e soprattutto in Piemonte. Salgo anche io per sentirmi un po’ bambino e rilassarmi davanti a questa vista magnifica.
giro in alta val tanaro
3. Pranzo al Rifugio Mongioie




Riprendiamo il pulmino per risalire la valle del Tanaro: prima passiamo da Ormea, poi costeggiando il fiume tra boschi e alte montagne; siamo al confine con la Liguria, ma pure il colle di Tenda e la Francia sono vicinissime.
Ad un certo punto ci fermiamo in un piazzale a Viozene, dove montiamo sulle jeep. Infatti siamo in ritardo e quindi non ci incamminiamo sul sentiero come fanno tutti, salendo con 45 minuti di cammino semplici; ci arrivano anche famiglie con bambini. Noi invece prendiamo la strada sterrata ad uso privato. La salita è avventurosa, con punti a strapiombo e lo sterrato messo alla prova dagli pneumatici delle jeep. Dopo mille sobbalzi, siamo finalmente in cima: su un grande pianoro spunta il Rifugio Mongioie, tra fiorellini di campo gialli e rosa e lavanda selvatica nei prati dove volano le farfalle. Siamo a 1551m, sotto al Monte Mongioie dall’aspetto dolomitico; beh… ci dovrebbe essere, visto che le nuvole grigie del cielo lo nascondono!
Da qui in buone giornate si vede il mare e la Corsica, mentre qua sotto nasce il Tanaro; praticamente è la porta delle Langhe verso il mare!
3.1 Le Stars Box




Qui c’è un posto fantastico: le Stars Box per dormire guardando le stelle! Infatti queste casette sparse in legno hanno il tetto apribile; dev’essere molto avventuroso e romantico al tempo stesso! Infatti sono sempre prenotate fino a settembre. Il legno assorbe l’umidità, sono rialzate… insomma sono studiate perfettamente. Dormire qui costa 150€ a coppia, con cena e colazione inclusa, ma deve essere un’esperienza indimenticabile.
Questo posto che sta diventando famoso per le arrampicate, anche se i percorsi sulle pareti di roccia sono difficili. Si nota una striscia di sassi che scende dalla montagna; sono i resti della terribile alluvione dello scorso anno che fortunatamente ha solo sfiorato il rifugio.
3.2 Il pranzo




Nemmeno il tempo di finire il giro attorno al rifugio, che comincia a piovere; anzi si scatena un nubifragio! Per fortuna il Rifugio Mongioie è ampio e ha pure un tendone dove ci ripariamo. Ma la grandine e il vento fanno crollare immediatamente le temperature; meno male che c’è un fuoco acceso dove scaldarmi!
Il pranzo è aperto da 6 antipasti, tra cui l’immancabile vitello tonnato; sì, siamo ancora in Piemonte! Poi arriva un vassoio di pasta per primo piatto e brasato, polenta e sugo di salsicce come secondo; ecco, questo è proprio un pasto tipicamente da montagna! Mi riporta alla mente a certi pranzi da mia nonna. Tutto buonissimo, ma anche quantità esagerata. Se potessi lo mangerei ancora stasera!
alta valle tanaro
4. Ormea




La discesa dal rifugio in jeep è altrettanto avventurosa; anzi sembrava ancora più lunga! Finalmente torniamo nella valle e raggiungiamo facilmente Ormea, splendida cittadina tranquilla dell’alta Val Tanaro. Ammetto che non ne avevo mai sentito parlare; invece si è rivelata molto interessante Ormea!
Ha avuto anche una storia importante: nel X secolo fu dominata dai Saraceni (che hanno lasciato alcune tracce come la Torre dei Barchi), poi Ormea è stata disputata dalle signorie locali. Nel Seicento emerse per un importante lanificio che era fornitore dell’esercito sabaudo. Dopo la distruzione napoleonica, nell’Ottocento divenne un centro turistico notevole: nel Grand Hotel alloggiava la nobiltà inglese, tedesca e francese. Ancora vive di turismo, soprattutto d’estate: è perfetta per gli amanti delle passeggiate nella natura, del fresco e della tranquillità.
4.1 Via Roma e il “biale”




Ormea è aperta da Piazza della Libertà da cui parte una bella via con palazzi colorati attorno: via Roma. È la lunghissima via principale, che taglia in due la cittadina; qui si svolgono le manifestazioni della città, come la Festa del Corpus Domini quando la ricoprono di ghirlande di fiori. Per la pulizia successiva della strada non ci sono problemi: infatti aprendo un tombino possono far uscire l’acqua del torrente Armella che scorre sotto; è il cosiddetto “biale”: così spazzare la strada è facilissimo, visto che sfrutta la pendenza naturale! Essendo più calda, d’inverno è un ottimo modo per sciogliere la neve dal corso principale. Invece in estate fanno la manifestazione “Ormea in onda”: puoi scendere con un materassino per la via!
Ci hanno anche mostrato come avviene la pulizia della strada: in un attimo via Roma è allagata!
4.2 Cosa vedere a Ormea




La forma di Ormea ricorda un cuore e si vede bene dall’alto; è pure il suo simbolo. Via Roma la taglia da destra a sinistra, mentre il fiume Tanaro e il torrente Armella ne cingono i lati; a nord-ovest invece è chiusa da un monte su cui sorge il castello di Ormea. Offre scorci affascinanti e interessanti, ma le case non sono antiche; anzi sono quasi tutte novecentesche e prese singolarmente non hanno particolare bellezza. Però l’insieme è un mix rustico e pratico molto ben riuscito; direi pure aggraziato! L’unica casa notevole è la Casa del Marchese (o Casa dei Signori di Ormea), edificio trecentesco con facciata dipinta e volti e figure scolpite dagli scalpellini; ha pure un curioso gatto!
Pochi passi tra le vie tortuose e raggiungi la Piazza Nuova, un sorprendente ampio spiazzo ricavato tra le case con una fontana al centro; anche qui angoli graziosi e ben tenuti dagli abitanti si contrappongono a case rivedibili col cemento protagonista.
La Chiesa Parrocchiale di San Martino




Da non perdere la visita alla Chiesa Parrocchiale o Collegiata di San Martino in stile romanico, ma con diversi rimaneggiamenti successivi come dimostra la facciata ottocentesca. La chiesa si nota dall’esterno per l’alto campanile romanico in pietra del X secolo; si alza della facciata, perciò il portale centrale è finto! Al tempo stesso il campanile ingloba l’antica porta cittadina: dentro in chiesa la puoi vedere.
La Collegiata originaria aveva una sola navata e l’altare era in posizione inversa: puoi ancora ammirare il ciclo di affreschi del 1397, con Cristo Pantocratore e scene della vita di San Martino; sono uno degli affreschi più antichi dell’area monregalese. Nel 1490 furono aggiunte le navate laterali, ma solo nel 1612 fu costruita l’attuale zona dell’altare e creata la disposizione attuale, con lo stile barocco che domina. L’altare maggiore è di area genovese, pervenuto qui per la spoliazione di un’altra chiesa da parte di Napoleone; idem il pulpito.
La cittadina era importante: perciò trovi tanti elementi preziosi provenienti da Roma per via dei rapporti instaurati nel ‘700; tra questi le reliquie di San Faustino, il santo dei single.
Il castello di Ormea




Per concludere la visita, dopo il percorso tra le vie della cittadina, siamo saliti al castello di Ormea; devi cercare via Castello: non puoi sbagliare. Improvvisamente terminano le case ed hai un gran panorama su Ormea e sulla valle; spiccano gli archi della ferrovia storica Ceva-Ormea, una delle linee storiche con treno antico che passa tuttora. Superato un piccolo bosco tra le rocce, ecco il castello… o meglio i resti; i Francesi napoleonici l’hanno fatto esplodere, perciò ne è rimasta solo la base a forma triangolare (purtroppo). Lo stile è di transizione tra castello medievale e dell’età moderna: infatti ha già bastioni e terrapieni. Lo stanno studiando per riaprirlo tra due anni. Comunque è affascinante semplicemente salire fino al suo ingresso e ammirare la vista da quassù.
4.3 L’ora blu di Ormea




Il tempo passa e nella valle il sole tramonta prima. Ormea nell’ora blu ha un’atmosfera magica, coi lampioni che illuminano le case e la gente che passeggia tranquilla tra le vie. La luce gialla di una volta (quella che mi era piaciuta tanto a Palermo) fa il resto: fascino eccezionale, sia da ammirare che da fotografare. Mi ha ispirato un sacco, a partire dal campanile romanico illuminato.
4.4 Cena ad Ormea




Ci fermiamo a mangiare ai tavoli in Piazza San Martino, davanti alla Collegiata, ospiti della Trattoria “Il Borgo”. La cucina del luogo è semplice ma deliziosa, come piace a me. Tanti gli antipasti: ho capito che è tipico del Piemonte! Poi ravioli di cin con burro e grana e la buonissima polenta di grano saraceno con sugo di funghi porcini e panna. Come secondo piatto, brasato di vitello all’Ormeasco, il vitigno della zona: è un dolcetto di bacca rossa vendemmiato tardi di cui vanno molto orgogliosi.
È stato un convivio cordiale: sembravamo ad un ritrovo familiare! L’ho molto apprezzato ed è stato il modo perfetto per concludere il nostro tour nelle Langhe, Monferrato e Roero e la giornata in Alta Val Tanaro.
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